MARIANO CROCIATA
Il mondo è arrivato a casa nostra

Il segretario generale della Cei: “L’elezione di Papa Francesco ci ricorda che questo nostro Occidente e questa nostra Italia rischiano di perdere vitalità”. E ancora: “C’è una perifericità spirituale, una perifericità morale, una perifericità esistenziale”. Sulla fase politica: “Attraverso di noi, giunga alle classi dirigenti e al Paese tutto l’esigenza di smetterla con i giuochi di ruolo. Ognuno si sforzi di cercare il bene di tutti”.
 
“Con questo Papa tutto il mondo è arrivato a casa nostra; il mondo intero, con le sue periferie, irrompe nella nostra esistenza e ci dice che non è più tempo di tardare, di crogiolarsi. È tempo di svegliarsi”. Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, legge con il Sir l’invito del Papa a raggiungere le “periferie”, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali. Italia compresa. Con l’auspicio, fra l’altro, di trovare una soluzione, “provvisoria per quanto si voglia”, allo stallo politico e sociale, per “far uscire il Paese dalle secche e dai pericoli che stiamo vivendo”.
 
Monsignor Crociata, ci sono due parole – povertà e periferie – che, forse più di altre, stanno caratterizzando l’inizio del Pontificato di Papa Francesco. Ieri nell’omelia della Messa Crismale, rivolgendosi ai sacerdoti, ha detto tra l’altro: “L’olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge ‘le periferie’”. In che modo c’interpellano queste parole?
“I due termini sono strettamente collegati e hanno una precisa valenza sociale. Ma la loro radice, il loro significato più profondo, va cercato oltre, per porre le questioni nel loro giusto ordine. Intanto i due termini c’interpellano perché risvegliano un interesse che la Chiesa in Italia coltiva da tempo. Penso all’insistente richiamo alla conversione missionaria presente, sin dagli anni Ottanta e Novanta, nella nostra pastorale. Senza trascurare lo slancio all’evangelizzazione accanto alla sacramentalizzazione, all’indomani del Concilio Vaticano II. Ricordiamo che, già nel 2004, vide la luce il documento sul volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Registriamo ora una novità, segnata dal fatto che l’enunciazione, l’intendimento e il progetto avevano bisogno di un risveglio che poteva venire solo, o in una misura senza confronto con altri, da chi viene dalla periferia del mondo. Papa Francesco parla di questi temi non in termini astratti, ma portando l’esperienza, il significato, la realtà viva e drammatica di chi ha vissuto nella periferia del mondo”.
 
C’è dunque una corrispondenza diretta tra periferia e povertà?
“La corrispondenza è evidente, perché le periferie sono luogo di povertà: dovunque c’è povertà, c’è marginalità. In questo, c’è una dimensione strettamente sociale ed economica da considerare, per non evadere verso un facile spiritualismo. E d’altra parte, il binomio periferia-povertà non si esaurisce nemmeno in una dimensione puramente materiale. Perché qui si evidenzia anche la necessità di andare alle radici dei problemi e si vede come la proposta cristiana abbia la capacità di raggiungere tutto l’uomo, di farsi carico dell’uomo in tutta la sua interezza. Il Papa, per esempio, nell’omelia della Messa Crismale lo ha detto molto chiaramente. Di fatto avviene questo: quando si è in una condizione di miseria e di lontananza da un’esistenza dignitosa, l’appello della dimensione culturale e spirituale viene più difficilmente avvertito e anche l’annuncio cristiano non può essere accolto adeguatamente. È doveroso, dunque, portare a soluzione i problemi di sopravvivenza, di prima necessità. Quei problemi che, assorbendo così tanto coloro che ne sono afflitti, impediscono loro di trovare l’attenzione necessaria per aprirsi ad altro”.
 
Una grande sfida…<...

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