Questo io vi chiedo: essere pastori con lodore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini. Un invito ripetuto due volte, quello del Papa ai 1.600 sacerdoti presenti nella basilica di San Pietro insieme ai cardinali e ai vescovi, esortati nellomelia della Messa crismale – la prima di Papa Francesco, salutata in chiusura da un caloroso applauso – a uscire da se stessi. Il termine più ricorrente nellomelia: periferia, non solo geografica ma anche esistenziale. Come quella che una donna – e solo lei, perché i discepoli, e futuri sacerdoti, si fermano alla superficialità – sa vedere con gli occhi della fede. Bisogna uscire, linvito del Papa ai sacerdoti, sulla base del verbo che è stato al centro della sua prima udienza generale di ieri: Nelle periferie dove cè sofferenza, cè sangue versato, cè cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni.
Né intermediario, né gestore. Il sacerdote che esce poco da sé, che unge poco – non dico niente perché la nostra gente ci ruba lunzione, grazie a Dio – si perde il meglio del nostro popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore presbiterale, ha detto nella parte finale dellomelia Papa Francesco, secondo il quale chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza, ha spiegato: Lintermediario e il gestore hanno già la loro paga e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui, per il Papa, deriva linsoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con lodore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini. È vero che la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti e si somma ad una crisi di civiltà, ha ammesso: Però, se sappiamo infrangere la sua onda, noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti, per navigare nel mare del mondo attuale dove vale solo lunzione, e non la funzione.
Il buon sacerdote e il suo popolo. Il sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore. Nella parte iniziale dellomelia, il Papa si è soffermato sullimmagine dellolio prezioso che unge il capo di Aronne: non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge le periferie. Lunzione di Gesù è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. Lunzione non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in unampolla, perché lolio diventerebbe rancido e il cuore amaro. Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo. È lidentikit del presbitero tracciato dal Papa, che ha attinto a piene mani dalla sua esperienza pastorale. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota, ha detto: Per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. O quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come lolio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, le periferie dove il popolo fedele è più esposto allinvasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede. La gente – ha testimoniato il Papa – ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dellUnto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: preghi per me, padre, perché ho questo problema, mi benedica, preghi per me. Quando siamo in questa relazione con Di…