Se un Papa vi ringrazia per quello che avete fatto, e magari aggiunge sornione e divertito avete lavorato, eh?, ne sarà valsa sicuramente la pena. E se poi quel grazie te lo ripete stringendoti forte la mano e guardandoti dritto negli occhi, dopo aver saputo che tu lavori per garantire linformazione dei settimanali diocesani italiani, allora il tuo cuore fa un salto e speri di non dimenticare mai. Non dimenticare lemozione, ma soprattutto il mandato che il Papa ha affidato a te, come agli altri comunicatori accorsi numerosi in sala Nervi per la prima udienza di Francesco. Che lui ha voluto fosse dedicata a tutti noi giornalisti, ma anche alle nostre famiglie, prima che migliaia di colleghi giunti a Roma da ogni angolo del mondo riprendano la via del ritorno. E possiamo solo immaginare con quale ricchezza nel cuore torneranno nelle loro redazioni i giornalisti latinos che hanno avuto la fortuna professionale di raccontare la salita al soglio di Pietro del primo Papa latino, preso dai cardinali alla fine del mondo.
Lemozione, però, si accompagna con la razionalità e la responsabilità. Certo, se il Papa Francesco vorrà continuare ad usare parole semplici per concetti altissimi, così da farsi capire da tutti, il nostro lavoro di comunicatori sarà facilitato. Anche perché questo Papa ci mette lo abbiamo capito in questi primi giorni tutta lintenzionalità possibile non solo nelle parole, ma anche nei gesti e nei segni. Dunque, si apre per noi giornalisti una pagina nuova della professione, nella quale dovremo letteralmente farci rimodellare da lui. Lo dobbiamo ai nostri lettori, numerosissimi, che fanno parte di quel popolo di Dio per il quale Francesco ha una chiara predilezione e con il quale è evidente un feeling destinato a corrobarsi nei giorni che verranno.
Ma il mandato che Papa Francesco ci affida è tanto chiaro quanto impegnativo: a noi toccherà raccontare la verità, la bontà e la bellezza. Una triade esistenziale lha definita, che per i comunicatori cattolici appare come un imperativo categorico se è vero che Verità, Bontà e Bellezza sono una Persona. E se riusciremo a raccontare quella Persona attraverso la verità, la bontà e la bellezza del mondo, avremo risposto alla nostra vocazione. Un impegno ciclopico considerati spirito e prassi del mondo e del tempo, ma vi assicuro che ci proveremo. Lo dobbiamo a lui che ce lha chiesto, ma soprattutto lo dobbiamo agli uomini e alle donne del nostro mondo e del nostro tempo. E se il Papa si spinge ad affermare come vorrei una Chiesa povera e per i poveri
, allora capiamo che la faccenda si fa molto seria. E che Papa Francesco è destinato a sorprenderci. Come tutti siamo stati sorpresi dallo Spirito Santo che ha ispirato i grandi elettori. Seguendo lauspicio con il quale, in un titolo di questa agenzia, avevamo sintetizzato le attese di tutti: Sorprendeteci ancora. La sorpresa, però, non liquida le nostre responsabilità di comunicatori e di comunicatori cattolici. Già da oggi, dobbiamo chiederci cosa fare. E qui consentitemi, con uno strappo alle regole giornalistiche, di parlare in prima persona. Presentato al Papa come il direttore dellAgenzia Sir che serve i settimanali diocesani italiani, mi sono permesso di dire, a nome di tutti i colleghi che partecipano a questa nostra avventura professionale: Santità, ci aiuti ad amare il mondo e i poveri. E noi li racconteremo. Lo sguardo del Papa si è illuminato diventando quasi trasparente, si è sciolto in un caldo sorriso e ha detto un semplice grazie. Che io mi permetto di trasmettere a tutti i giornalisti e collaboratori del Sir e dei settimanali diocesani italiani. Noi conosciamo da vicino il popolo di Dio e ci impegniamo a raccontarlo, sempre.
E poi sarà una gioia condividere con Francesco il sogno di una Chiesa povera e per i poveri.
Santità, conti su di noi.