DOPO IL VOTO

Al centro degli editoriali Fisc anche i risultati delle recenti elezioni politiche. Marco Bonatti, direttore della Voce del Popolo (Torino), evidenzia che “il voto, massima espressione della libertà individuale e della sovranità politica di ogni cittadino, serve oggi nelle democrazie avanzate per ‘cancellare’ uno stato di cose che si giudica negativamente; ma non appare sufficiente a sostenere proposte ‘costruttive’ per governare un Paese”. Secondo Giovanni Barbieri, vicedirettore del Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli), “c’era chi pensava che con le elezioni la situazione politica si sarebbe stabilizzata; in realtà, questa sembra fuori controllo e senza via d’uscita”. Per Cammino (Siracusa), i risultati elettorali dimostrano che “i nostri politici avrebbero dovuto avere un occhio di riguardo per le persone e per quel mondo, fatto di famiglie e di aziende, che ha reso prospera la nostra nazione”. Secondo Giulio Donati, vicedirettore del Piccolo (Faenza), “quello di cui non sentiamo il bisogno, ora, è di tornare alle urne. Non è un gioco, specie per le casse dei cittadini cui toccherebbe l’onere. E se possiamo permettercelo ‘pretendiamo’ anche una legge elettorale che dia l’opportunità di vittoria chiara a uno schieramento nei futuri appuntamenti”. Dopo le elezioni e le difficoltà di varare un governo, per Giampiero Moret, direttore dell’Azione (Vittorio Veneto), “ancora una volta il presidente Napolitano ha detto le parole che dovevano essere dette in questo delicatissimo momento della vita del Paese: ‘Misura, realismo, responsabilità’”. Proprio quel che serve, visto che “l’esito delle elezioni politiche disegna uno scenario alquanto complicato riguardo alla formazione di una maggioranza parlamentare che sia in grado di votare la fiducia a un Governo in entrambe le Camere”, ammette Toscana Oggi (settimanale regionale). Per Lucio Bonomo, direttore della Vita del Popolo (Treviso), “forse l’unica soluzione che ci rimane per evitare lo stallo o l’impaludamento parlamentare è quella di ritornare al largo e votare presto, magari già a giugno, indipendentemente dalle fibrillazioni della Borsa e dello spread perché, qualunque soluzione pasticciata si adotti, non si riusciranno facilmente a raffreddare”. A giudizio di Bruno Cappato, direttore della Settimana (Adria-Rovigo), per uscire dall’attuale situazione “non basta solo trovare una idea ‘magica’, una formula azzeccata, bisogna anche fare una lettura in profondità del ‘fenomeno Italia’ che ha preoccupato – a quanto sembra – anche i Paesi europei circostanti”. C’è anche un altro problema, secondo Amanzio Possenti, direttore del Popolo Cattolico (Treviglio): “Tra le molteplici proposte in circolazione non si sente parlare di ‘servizio’ alla collettività nazionale, ‘servizio’ al bene comune in modo prioritario e antecedente rispetto a qualsiasi posizione partitica”. Allora, come suggerisce Alessandro Repossi, direttore del Ticino (Pavia), “più che un governo tecnico, serve oggi un ‘governo di responsabilità’ per cambiare la legge elettorale, introdurre qualche riforma istituzionale e sostenere l’economia. Poi si torni pure alle urne”. Secondo Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste), ci sarebbe bisogno “di un governo di larghe intese con un programma minimo, ridotto all’osso, ma non tecnico, bensì politico. La cosa migliore da fare, in questo caso, sarebbe di non toccare le tematiche scabrose e divisive dei grandi temi etici e di congelare la situazione legislativa esistente su questi argomenti”. In realtà, dice Marino Cesaroni, direttore di Presenza (Ancona-Osimo), “il problema vero, quello che a…

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