Calcio e gioco d’azzardo

Partendo da quanto avvenuto durante la partita Genoa-Siena di domenica 22 aprile, Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), scrive: “Lo stadio è una zona franca, in cui è permesso qualsiasi atteggiamento. L’insulto, la bestemmia, l’offesa e gli scontri si sprecano e l’impunità è quasi sempre garantita. Non servono le telecamere a circuito chiuso se non esiste la volontà di agire di conseguenza. Occorre un cambiamento di mentalità: uscire dalla logica del ricatto che subiscono le società per tornare alla passione autentica per lo sport. E questo vale sia per gli addetti ai lavori sia per gli appassionati. Ne guadagnerebbero tutti, in primis il calcio stesso, in cerca spasmodica di nuova credibilità e di spettatori”. Dal campo di calcio al gioco d’azzardo, fenomeno sul quale si concentra la riflessione di Giuseppe Lombardo, direttore di Cammino (Siracusa): “Perché lo Stato incentiva il gioco? Perché rimpingua le sue casse. Il gioco è una tassa a cui il cittadino aderisce liberamente. Giocare tanto, senza porsi spesso alcun limite, nella speranza di potersi arricchire, è creduloneria o, come ritengono alcuni psicologi, disturbo ossessivo-compulsivo. Nel primo caso basta prendere coscienza per smettere. Nel secondo è necessario l’aiuto di uno specialista. In Italia, oltre alle comunità terapeutiche ben note, si stanno moltiplicando quelle che si occupano della dipendenza da gioco”.
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