Relazione del presidente Ungaro alla XX Assemblea nazionale ordinaria elettiva Fisc

Roma, 23 novembre 2023: XX Assemblea nazionale della Fisc – foto SIR/Marco Calvarese

Un caro saluto a ciascuno di voi ed un “benvenuto” di cuore a questa XX Assemblea nazionale elettiva della nostra Federazione. È un ritorno “a casa” in quella che per noi è per noi è sempre la “Domus Mariae”, il luogo dove la Federazione ha vissuto tanti momenti importanti della propria vita associativa: se questo è stato possibile lo dobbiamo anche alla disponibilità dell’Azione Cattolica nazionale ed in modo particolare del presidente prof. Giuseppe Notarstefano che ringrazio davvero di cuore.

Risuonano ancora nei nostri cuori le espressioni di vicinanza e sostegno che il Santo Padre Francesco ci ha rivolto questa mattina in Sala Clementina: a 60 anni dalla nascita della nostra Federazione ci siamo sentiti confermati in quel mandato che San Paolo VI affidò ai nostri Padri fondatori nel novembre 1966.

Ringrazio Sua Eccellenza mons. Giuseppe Baturi per il suo intervento che ha aperto questa nostra Assemblea.

Le sue parole ci testimoniano ancora una volta la vicinanza della Conferenza episcopale italiana e dei suoi componenti al nostro quotidiano impegno di servitori della Parola nei mezzi della comunicazione sociale. Un ringraziamento che doverosamente vogliamo estendere ai Presidenti ed ai Segretari Generali che hanno guidato la CEI in questi anni: i cardinali Gualtiero Bassetti e Matteo Zuppi e monsignor Stefano Russo. Ad essi non possiamo non “associare” i direttori degli Uffici nazionali per le comunicazioni sociali, monsignor Ivan Maffeis, oggi arcivescovo di Perugia, e Vincenzo Corrado.

Il prossimo anno celebreremo il 55° anniversario (1969-2024) dall’approvazione della “Carta di Brescia” (redatta a Roma dal Consiglio nazionale Fisc il 25/26 ottobre 1969 ma ispirata alle riflessioni elaborate nel Convegno di Brescia del dicembre 1968) e che rappresenta il punto di riferimento programmatico per le testate aderenti alla Federazione. Forse è il momento di proporre un aggiornamento di quelle pagine per attualizzare il tema che affrontavano dell’opinione pubblica ad intra e ad extra della comunità ecclesiale, tanto da intendere il periodico diocesano come vero e proprio “giornale della comunità” e “strumento dell’opinione pubblica nella Chiesa locale”. Questo ci permetterebbe di sottoscrivere un nuovo “patto” con le Chiese locali volto ribadire il ruolo che il settimanale diocesano ha al loro interno.

Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra è una Federazione di direttori, rappresentanti degli editori. E come direttori dobbiamo farci carico di pensare per aiutare le nostre Chiese a pensare, mettendo al centro del dibattito i temi della Chiesa e quelli dei territori.

I NUMERI

Da quando abbiamo vissuto la nostra ultima Assemblea (novembre 2019) ad oggi i soci della Federazione sono aumentati da 150 a 157 e le testate aderenti da 183 a 190. Fanno parte della famiglia Fisc 1 quotidiano, 110 settimanali (erano 120 nel novembre 2019), 9 quindicinali (10 nel 2019), 2 bisettimanali, 37 mensili (33 nel 2019) e 31 testate che escono esclusivamente sull’online (17 nel 2019). Di essi 9 sono “dorso” del quotidiano “Avvenire”.

Durante questa Consigliatura, abbiamo accolto le nuove adesioni di Popoli e Missione (Roma), Intravedere (Campobasso), Grottammare (San Benedetto del Tronto), Il Rosario e la nuova Pompei (Pompei), Prospettive (Catania), Insieme (Adria), La buona Notizia (Teano), Impegno (Conversano), La Parola (Melfi), Il Domenicale di San Giusto (Trieste).

38 sono i nuovi direttori rispetto l’Assemblea 2019: alcuni coloro che hanno lasciato in questo periodo la direzione dei propri giornali sono qui fra noi e diremo loro il nostro “grazie” al termine di questo pomeriggio.

IL CAMMINO SINODALE ED IL TEMPO GIUBILARE

Le nostre Chiese stanno vivendo la Stagione sinodale.

Mi pare significativo che i vescovi abbiano scelto molti di voi, direttori delle testate diocesane, come componenti o referenti delle Commissioni sinodali: per i nostri giornali il “mettersi in ascolto” non è una novità ma caratteristica fondante del proprio impegno quotidiano.

Perderemmo parte del nostro DNA se non ci mettessimo quotidianamente in ascolto dei territori nella consapevolezza, non mi stancherò mai di ripeterlo, che per noi il territorio non è solo un luogo fisico ma prima di tutto IL luogo teologico dove la Chiesa (=popolo di Dio in cammino nella storia) risponde al mandato affidatole dal Concilio Ecumenico Vaticano II in Gaudium et Spes 1,1.

Facendo nostro l’invito che papa Francesco ci ha rivolto (“Oso chiedere aiuto a voi, maestri di giornalismo: aiutatemi a raccontare questo processo per ciò che realmente è, uscendo dalla logica degli slogan e di racconti preconfezionati”) in questi due anni abbiamo raccontato ogni settimana sulle nostre pagine cartacee ed online il Cammino sinodale delle nostre Chiese: un’esperienza che – pur con le inevitabili stanchezze ed incertezza che in certi momenti la contraddistinguono – deve essere segnata, come ci ha anche recentemente ricordato Sua Ecc.za mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, dallo “stile di Gesù che è stato quello di innestarsi nella realtà quotidiana del mondo, di annunciare il Signore nelle attese e nelle sofferenze della gente”. E tutto questo – come ha sottolineato papa Francesco nel 2015 a Firenze – tenendo ben presente che “lo stile ed il metodo sinodale debbono essere una prassi ordinaria per le nostre Chiese e non una eccezione”.

Per noi è fondamentale avere come compagni preziosi di cammino i media del mondo Cei (TV2000, Avvenire, Sir, Corallo).

È davvero una “grazia” avere qui con coi noi Vincenzo, Amerigo, Alessandro, Alessia, Luigi, Massimo a testimonianza della collaborazione intensificata in questi anni, grazie al prezioso coordinamento dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI: sappiamo bene che insieme possiamo costituire il primo network informativo italiano offrendo ai nostri lettori e radioascoltatori un servizio davvero a 360° per comprendere quanto avviene nel nostro Paese e nelle Chiese locali.

Dobbiamo crederci, noi in primis!

Prendo a prestito un recente intervento del vicepresidente Fisc, don Oronzo Marraffa – che ringrazio per essere stato in questi quattro anni un amico ed una spalla cui fare riferimento prima che un vicario pur fra i sempre maggiori impegni diocesani che gli sono stati affidati – per ricordare che le dimensioni attraverso cui si esprime la mission della Fisc in questo tempo di Sinodo possono ricondursi fondamentalmente a tre:

1. un’informazione fatta “col cuore” – come indicato da Papa Francesco nei messaggi per le Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali – che assume come stile lo sguardo di compassione sulla storia proprio del samaritano della parabola evangelica nell’incontro con l’uomo lasciato dai briganti mezzo morto per strada;

2. la competenza e la professionalità del servizio offerto per contribuire a creare una cultura ed un clima di opinione all’interno ed all’esterno della comunità ecclesiale. E questo nell’attenzione a quei valori fondamentali che hanno radice evangelica e che rendono il mondo più giusto e fraterno e che non scarta nessuno, come richiamato dal Magistero dei vescovi e dalle Carte deontologiche dell’Ordine dei Giornalisti.

3. una matura consapevolezza della natura sinodale della comunità che la FISC esprime a due livelli:

a. ad intra: perché la natura federativa della FISC e la sua vita interna testimoniano concretamente la possibilità di vivere diffusamente uno stile sinodale nella propria organizzazione e nelle scelte operative attente a tutti i soci, soprattutto alle testate più piccole;

b. ad extra: ricordando sempre che la FISC è in cammino CON la Chiesa universale ed italiana e, per suo proprio servizio, si fa attenta alle persone del suo tempo e si pone in uscita per andare incontro a tutti con una informazione precisa, onesta e profetica.

In questo senso il Sinodo ci insegna anche a porre particolare attenzione al linguaggio con cui l’informazione si esprime.

Non dobbiamo rincorrere passivamente i nuovi linguaggi multimediali: conoscerli è indispensabile ma non è sufficiente. È necessario abitarli in modo corretto e competente affinché siano motivo di comunione e non occasione di divisione. Chi meglio di noi può divenire laboratorio perché questo avvenga?

Non possiamo, poi, dimenticare che manca poco più di un anno all’apertura dell’Anno Santo per il quale, come sapete, è stato scelto il titolo di “Pellegrini nella Speranza”. Per le nostre testate sarà una sfida importante per aiutare il cammino delle nostre Chiese impegnate in quello che il Santo Padre ha indicato come “il senso della fraternità universale”.

La Fisc c’è e può svolgere davvero un ruolo importante non solo a livello narrativo ma anche in ambito propositivo ed organizzativo, a livello locale e nazionale.

UNO SGUARDO A QUESTI QUATTRO ANNI

“Shomér, Ma Mi-Llailah?  

 “Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte? La sentinella risponde: “Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!” (Is 21,11-12)

Quante volte in questi quattro anni ci sono tornate sulle labbra e abbiamo meditato nel cuore le misteriose parole del capitolo 21 di Isaia cantate anche da Guccini e di cui il biblista gesuita spagnolo Luis Alonso Schökel ci ha lasciato una lettura particolare: “È notte nello scenario della storia, le tenebre non lasciano comprendere né è dato calcolare quando giungerà l’aurora liberatrice (cfr. Sal 130, 6-7). Ma c’è un uomo che con gli occhi penetra e misura i tempi: è il profeta!

E noi, come il profeta, siamo stati chiamati a penetrare e misurare i tempi nella certezza fiduciosa che per mezzo del Signore ogni notte avrà fine.

Quando ci siamo ritrovati quattro anni or sono, alla fine del novembre 2019, al Midas Hotel per la nostra XIX Assemblea, mai ci saremo aspettati quanto stava per accadere.

La prima riunione del nuovo Consiglio nazionale, con l’elezione dell’Esecutivo e l’indicazione dei coordinatori delle Commissioni, si svolse il 12 gennaio 2020.

Il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri dichiarava lo Stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti dal misterioso virus le cui prime notizie giungevano dalla Cina.

Il 9 marzo 2020 il premier Conte, in un drammatico messaggio televisivo, annunciava la chiusura del Paese e le drastiche misure per il contenimento della pandemia: nessuno sapeva cosa sarebbe successo.

Ciascuno di noi ricorda quei giorni.

Abbiamo dovuto imparare a fare i giornalisti in modo diverso: limitati negli spostamenti, magari costretti fisicamente lontano dalle redazioni, sapendo che i nostri giornali potevano arrivare agli abbonati ma non ai lettori che gli acquistavano in quelle chiese che, pur rimanendo aperte, non ospitavano celebrazioni liturgiche con i fedeli.

Di quei giorni, permettetemi, un ricordo personale: telefonando ad uno dei direttori delle aree maggiormente allora colpite, il sottofondo era rappresentato dalle sirene delle autoambulanze che portavano i contagiati in ospedale. Con la sua voce, dove ogni parola era bagnata dalle lacrime, mi ripeteva: “Senti? È così dalla mattina alla sera. Come si fa ad avere speranza con tutto questo?”.

Abbiamo perso, in quelle settimane, in quei mesi, amici, collaboratori e lettori.

Mi piacerebbe pronunciare il nome di ciascuno di loro ma so che non è possibile e così vorrei qui ricordarne uno per tutti: monsignor Vincenzo Rini, direttore storico de “La Vita Cattolica” di Cremona, presidente della Fisc dal 1998 al 2004 e poi presidente del Consis e del Consiglio di amministrazione del Sir.

Per noi presidenti che siamo venuti dopo di lui (e penso a don Giorgio, a Francesco e a don Adriano che sono qui, oggi, fra di noi e che saluto con affetto per non avermi fatto mancare il loro appoggio e la loro preghiera) è stato sempre un discreto ma fondamentale punto di riferimento e la sua amicizia una sicurezza ed un dono prezioso. Pregheremo per lui e per quanti del Covid-19 sono state vittime in modo particolare nella celebrazione che Sua Ecc.za mons. Vari presiederà sabato mattina.

“Ci siamo resi conto – come ci ha ricordato papa Francesco – di trovarci tutti sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confrontarci a vicenda”.

Ci siamo ritrovati, improvvisamente, a vivere una quotidianità inaspettata a cui nessuno era preparato.

Ma nonostante le difficoltà causate dalla sospensione delle liturgie con il popolo (e quindi dall’impossibilità di vendita nelle chiese), dalla chiusura delle attività economiche (con conseguente quasi azzeramento degli introiti pubblicitari) e dalle conseguenze della pandemia sui nostri dipendenti e collaboratori siamo riusciti a proseguire la nostra diakonia informativa rivolta alle Chiese che sono nel nostro Paese ed anche a quei territori in cui ci vantiamo di essere, come ci ricordò il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “presidi di democrazia”.

Ci sono state delle chiusure temporanee di alcune testate, altre hanno sospeso il cartaceo ma tutti quanti abbiamo capito che la svolta poteva essere rappresentata da un potenziamento della presenza sul digitale, per rafforzare e non certo sostituire il cartaceo. E questo ci permetteva di ripensare alle modalità di una vicinanza che potesse farsi comunque portatrice di quella Speranza che deve accompagnare il nostro cammino e di cui, come credenti, siamo sempre chiamati a rispondere a chi ce ne domandi ragione.

Vorrei riuscire a trasmettervi il senso di riconoscenza delle vostre Chiese per come avete abitato il tempo del Covid-19 che i vostri vescovi mi hanno espresso nei tanti incontri avuti nella visita alle diocesi e durante le Assemblee generali della CEI di questi anni.

Mentre tanti media ci bombardavano con i bollettini dei contagiati e dei morti, riducendo delle esistenze a semplici dati statistici, abbiamo saputo (ed ancora una volta mi appoggio alle parole di Papa Francesco) “avvicinarci ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi con lo sguardo del Narratore, l’unico che ha il punto di vista finale” sapendo che “nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta ad un possibile cambiamento”.

Abbiamo saputo raccontare e valorizzare le storie vissute dalle e nelle nostre Chiese locali affinché non andassero perdute, perché rimanesse memoria del flusso di Speranza che si era sviluppato dal nord al sud del Paese in quei mesi “senza rumore e megafono” (come sottolineò l’allora Segretario generale mons. Stefano Russo).

È stato allora davvero fondamentale l’aiuto della Conferenza episcopale italiana, che attraverso la Segreteria generale ed il coordinamento dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, ha affidato a Fisc e Corallo un percorso di raccolta e valorizzazione proprio di quelle storie perché tutto questo patrimonio non andasse perduto e potesse costituire un riferimento importante per il futuro.

Un aiuto anche economico (di circa 1.200.000 euro) che ha permesso soprattutto alle testate meno strutturate di affrontare quel momento difficile e di cui permettetemi di esprimere ancora una volta un pubblico ringraziamento in modo particolare al cardinale Bassetti, a mons. Russo e a mons. Maffeis. Quelle storie sono confluite nel sito www.memoriadelcovid.it che ancora potete consultare.

Mi sono soffermato a lungo sulla vicenda Covid-19 perché, con il passare del tempo, ci chiediamo sempre più spesso e con incredulità crescente se davvero abbiamo vissuto tutto questo non un secolo or sono ma solo tre anni fa.

La pandemia ci ha profondamente cambiato ed ha mutato il nostro modo di fare giornalismo e di essere giornalisti: ci ha fatto conoscere le riunioni a distanza, lo smart-working, ci ha disabituato però ancora di più a “consumare la suola delle scarpe” per vivere nei territori…

Le parole di papa Francesco ci aiutano, ancora una volta, a stare lontani dalla tentazione, per volontà o noncuranza, di dimenticare tutto questo: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.

E poi sono venute le guerre.

L’invasione da parte della Russia dell’Ucraina e la violenza scoppiata in Terra Santa a seguito degli eccidi perpetrati da Hamas verso la popolazione israeliana lo scorso 7 ottobre davvero ci hanno fatto comprendere le parole che il Santo Padre pronunciò già il 13 settembre 2014 al Sacrario di Redipuglia parlando di “una terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’ con crimini, massacri, distruzioni”.

Siamo stati chiamati a raccontare il senso storico ed attuale di una guerra di cui le nostre comunità hanno vissuto le conseguenze offrendo anche ospitalità alle migliaia di famiglie ucraine, in modo particolare madri e bambini, in fuga da quel conflitto. Ma accanto a questo aspetto quotidiano non è mancata la riflessione su cosa significhi, oggi, “guerra giusta” perchè – come ci ha ammonito il Vescovo di Roma – “Difendersi è non solo lecito ma anche un’espressione di amore alla Patria. Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama, invece chi difende, ama”.

Quanto sta accadendo in Terra Santa, ci ha colpito – se possibile – ancora maggiormente perché solo tre settimane prima di quel tragico sabato 7 ottobre, tanti di noi erano proprio in quei luoghi, coinvolti nel pellegrinaggio organizzato dalla Federazione per i vincitori delle varie edizioni del concorso realizzato in collaborazione con il Servizio per il sostegno economico della Chiesa.

Facciamo nostri i ripetuti appelli perché le armi tacciano rivolti in queste settimane dal Santo Padre e ricordiamo le parole che Sua Beatitudine il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, ha espresso pochi giorni or sono: “Aiutateci a generare di nuovo il contesto necessario affinché, in questa società segnata dall’odio, si possano ancora gettare i semi della fiducia, della speranza e dell’amore”.

Dobbiamo, davvero, aiutare i nostri lettori a non abituarsi a questa ed a tutte le altre guerre in corso nel pianeta!

Offrire ai nostri lettori un’informazione puntale, attenta e completa su quanto avviene in questa ed in altre parti del mondo, non sarebbe però possibile senza l’aiuto fondamentale di AgenSir.

Grazie, allora, al suo direttore, l’amico Amerigo Vecchiarelli, a Riccardo, a Gianni, a Marco, a Daniele, a Michela ed a tutti i colleghi giornalisti e collaboratori che a vario titolo scrivono sulle sue pagine. Soprattutto nel momento in cui siamo impegnati nel passaggio al digitale (ma su questo punto ritornerò in seguito) abbiamo bisogno di essere sostenuti dalla nostra Agenzia come ed ancora di più di quanto avvenuto in passato. Nelle ultime settimane l’Agenzia ha ripreso l’invio delle anticipazioni per favorire la programmazione del nostro lavoro redazione ed assieme al direttore il nuovo Consiglio di amministrazione sta cercando le strade più percorribili per rinforzare il legame che unisce le nostre testate al Sir.

I CONTRIBUTI PUBBLICI ALL’EDITORIA, LA TRANSIZIONE AL DIGITALE

Indubbiamente le guerre in corso, oltre che all’aspetto umano fondamentale e preminente, hanno avuto per noi anche gravi conseguenze di carattere economico.

Abbiamo assistito all’aumento esponenziale dei costi per l’acquisto delle materie prime (penso alla carta ma anche all’alluminio per le lastre e gli inchiostri) ma anche delle spese per la produzione dei nostri giornali.

Il lievitare dei costi è motivo di particolare preoccupazione anche in vista della scadenza dei contributi pubblici all’editoria previsti dalla Legge n. 198 del 26 ottobre 2016 i cui requisiti sono disciplinati dal decreto legislativo n. 70 del 15 maggio 2017.

Nel 2028 agli editori che soddisfano i requisiti previsti dal D. Lgs. n. 70/2017 (49 per la nostra Federazione in questo momento) vedranno accreditati i contributi dovuti in base alla dichiarazione 2027. E dopo?

Al momento non abbiamo alcuna certezza. Solo vaghe promesse e questo ci preoccupa fortemente come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte negli incontri avuti con i rappresentanti del Governo ed i funzionari del Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

In questi giorni la Manovra finanziaria come sapete è sbarcata in Senato. L’articolo 62 del disegno di legge introduce una vera e propria riforma dell’editoria con amplissime deleghe concesse al Governo. Fra le altre cose, al comma 2, si prevede che per accedere ai contributi le imprese editrici di periodici debbano avere almeno 3 dipendenti giornalisti assunti a tempo indeterminato. Se tale numero venisse approvato creerebbe non poche difficoltà a tutte quelle nostre realtà dove i giornalisti sono 2. Non vorremmo – e lo sottolineo con forza – che senza tanto clamore ci sia la volontà di mettere mano al Decreto 70.

La Federazione è stata controparte fondamentale del Governo nella stesura del Decreto Lgs. n. 70 sei anni fa – grazie, in primo luogo, alla competenza di Sergio Criveller riconosciuta anche da parte governativa – e mette a disposizione anche oggi la propria esperienza e la propria professionalità. Abbiamo alle spalle una lunga storia che chiede, anzi pretende di essere rispettata.

L’amico Francesco Zanotti mi permetterà di fare mie le parole che dieci anni fa, il 28 novembre 2013, pronunciò all’apertura della XVII Assemblea Nazionale: “la battaglia che portiamo avanti, perché di battaglia, in termini civili, si tratta, non è solo nostra ma è a favore di tutto il comparto. Essendo in gioco un valore molto importante, il pluralismo nell’informazione, riteniamo che sia necessario “combattere” con tutte le nostre forze questa buona battaglia di civiltà… Si tratta di fare un investimento in democrazia. Un valore per tutti, un contributo al bene comune, alla costruzione, di un dibattito a più voci del tutto indispensabile per un Paese moderno”.

Sembra che in un ipotetico gioco dell’oca siamo capitati sulla casella “Ritorna al punto di partenza”.

Lo ribadiamo con forza però: il futuro dell’editoria nel nostro Paese non può e non deve essere solo digitale. La nostra storia ci vede strettamente collegati alla carta, quella carta che i nostri lettori attendono ogni settimana di sfogliare e conservano nelle loro case e che sola può consentire un tipo di giornalismo che permetta non solo di “ingoiare le notizie” ma di “masticarle con lentezza” per gustarne il sapore e riconoscerne gli ingredienti.

Dagli Stati Uniti giungono notizie sui seppur piccoli passi indietro che il digitale sta compiendo a fronte di altrettanti in avanti compiuti dal cartaceo: forse non tutto quello che appariva scontato lo è…

In tal senso rimane altrettanto importante il sostegno dello Stato a quelle testate che, seppur non soddisfacendo i requisiti previsti dal Decreto legislativo n. 70, ottengono il contributo per l’acquisto della carta ed analoghe facilitazioni fiscali. In questo ambito (lo dico solo per inciso) il nuovo Consiglio dovrà affrontare la questione del finanziamento dei Progetti e dei contributi per quelle testate che, per i motivi più vari, non riescono a recuperare l’Iva e rischiano, quindi, di risultare penalizzate rispetto agli altri soci.

Sappiamo bene, poi, che cambiare tecnologia può portare a perdere la memoria.

Eppure, senza rinnegare le nostre radici, siamo ben consci che quella della transizione digitale è una necessità (ad addendum e non ad excludendum) che diventa sfida per ciascuno di noi richiedendo una presenza costante, professionale e dinamica.

Nella prefazione al libro “La Chiesa nel digitale” scritto da Fabio Bolzetta, papa Francesco ci ricorda che “mai il virtuale potrà sostituire la bellezza degli incontri a tu per tu. Ma il mondo digitale è abitato e va abitato da cristiani… Anche il web, territorio dove talvolta sembrano prevalere la voce che grida più forte e l’inquinamento delle fake news, può diventare uno spazio di incontro e di ascolto”.

Abbiamo dovuto modificare il nostro “modus operandi”, ripensare alla ristrutturazione delle redazioni, imparare ad utilizzare quegli strumenti e quei linguaggi così estranei al giornalismo su cui ci eravamo formati.

Dalle redazioni sono giunte in questi anni tante richieste alla Federazione per un accompagnamento nella formazione. Abbiamo risposto nel 2021 e 2022 con i corsi organizzati insieme all’associazione dei Webmaster Cattolici (e per questo ringrazio in modo particolare il presidente di WeCa, Fabio Bolzetta che è sempre davvero un vulcano inesauribile di idee e di proposte). Quest’anno, grazie alla collaborazione con il Servizio per il Sostegno economico alla Chiesa Cattolica, abbiamo proposto un percorso in dieci tappe coordinato da Francesca Folda: i collegamenti hanno superato il centinaio ad ogni modulo. Un dato importante ove si consideri che in molti casi, nelle redazioni, per seguire ogni proposta si sono attivati gruppi redazionali di più persone.

La formazione rimane un aspetto fondamentale in un percorso che però, non dobbiamo nascondercelo, richiede anche cospicui investimenti economici. So di rischiare di toccare un nervo scoperto ma parlo apposta di investimenti e non di spese.

Ogni euro che le nostre Chiese investono nelle comunicazioni sociali è un euro speso in una comunicazione che vuole e deve essere prima di tutto carità culturale e diakonia informativa. Settimanale, sito internet, pagina social non sono un “capriccio” ma rientrano fra quelle “mirifica inventa tecnicae artis” cui fecero riferimento i Padri Conciliari del Vaticano II nel Decreto sugli strumenti di comunicazione sociale promulgato il 4 dicembre di 60 anni or sono.

I quasi 616 mila euro che Fondazione Comunicazione e Cultura ci ha messo a disposizione in questi 4 anni hanno permesso di sostenere ben 74 progetti molti dei quali proprio finalizzati all’innovazione digitale. Ad essi si sono aggiunti i fondi del Spse ed il contributo straordinario, sempre reso possibile da Spse. Mi pare davvero positivo più di una ventina di testate abbia presentato richiesta di contributo nelle scorse settimane per la creazione di nuovi siti e di nuove app o per l’aggiornamento di quelli esistenti.

Parlando di professionalità, è doveroso ricordare il contratto di lavoro giornalistico che abbiamo stipulato, nel giugno 2021, con Fnsi ed Anso e il cui iter è stato seguito in questi anni soprattutto da Chiara Genisio: una firma attesa da tempo per un contratto applicato (secondo l’ultimo dato disponibile) a 40 dipendenti nelle nostre testate affiancandosi così a quelli Aeranti Corallo – Fnsi e Fieg – Fnsi.

LA NUOVA CASA A ROMA

La presenza sul digitale e la sempre maggiore professionalizzazione richiesta alle nostre testate hanno portato di conseguenza anche ad una maggiore mole di lavoro per il nostro ufficio di Roma. Qui credo doveroso un ringraziamento a Barbara, Ilaria ed Oriella (rigorosamente in ordine alfabetico) per il loro servizio (e volutamente non ho usato il termine “lavoro”). Un impegno quotidiano che spesso va ben oltre l’orario da contratto, sempre pronto a rispondere alle richieste che dalle redazioni e dalle amministrazioni ci vengono rivolte: per me, come per i presidenti che mi hanno preceduto, loro sono il riferimento indispensabile senza il quale sarebbe davvero impossibile svolgere in maniera adeguata il compito cui siamo chiamati, dovendolo, per di più, svolgere prevalentemente “da lontano”.

Un ringraziamento doveroso anche a Simone Incicco che nella sua veste di tesoriere oltre a far quadrare i conti (e non è poco: poi ve ne renderà conto…) si è occupato in questi ultimi mesi della programmazione di questa Assemblea.

È stato davvero un momento di festa, atteso e sperato da tempo, quello che ha visto l’inaugurazione, lo scorso 13 giugno, della nuova sede della Federazione nei locali che si affacciano sul giardino delle strutture CEI di via Aurelia 468. Da quando, nell’aprile 2010 avevamo lasciato il piccolo locale concessoci dal Sir per trasferirci al piano seminterrato erano davvero cambiati i tempi e le esigenze delle nostre testate. Come dicevo poco fa, i rapporti contrattuali e legislativi sono mutati e si sono complicati (pensiamo solo alla mole di documenti da produrre per accedere al contributo pubblico sull’editoria).

Ciascuno di voi ha sicuramente sperimentato il come ogni domanda posta all’ufficio non sia un quesito da evadere burocraticamente ed impersonalmente ma una questione da prendere a cuore e da seguire sino alla sua positiva soluzione.

Per la nuova sede è doveroso l’ennesimo ringraziamento alla CEI – in particolare a mons. Baturi che ha voluto invocare la benedizione del Signore sui nuovi locali il giorno dell’inaugurazione – ed a Alessandro Politanò che ci è stato vicino, con ammirevole sopportazione, in ogni momento di questo trasloco rendendo possibile anche quello che apparentemente non lo era.

Ho detto quel giorno, e lo ripeto qui, che per noi era importante avere una sede che potesse diventare una “casa” per le nostre testate, uno spazio a disposizione per i collaboratori che potranno trovarvi un luogo dove incontrarsi e lavorare a Roma: se queste stanze dovessero rimanere vuote per la maggior parte delle giornate, vorrà dire che non ha avuto senso impegnarci nel lavoro per la loro sistemazione e ristrutturazione. Le immaginiamo, come già avviene, ricche di voci e di presenze.

Chi le ha già visitate ha visto che abbiamo voluto sistemare una piccola galleria con le fotografie dei presidenti: ci è parso un doveroso omaggio a chi ha dedicato il proprio tempo ed impegno alla vita della Federazione ma anche un segno tangibile di quel filo rosso che ha legato e lega la vita di tanti uomini e donne, laici e consacrati dalla Fondazione della Federazione nel 1966 ad oggi e di cui non possiamo perdere la memoria.

FRA CRISI ECONOMICA E MIGRAZIONI

Crisi economica e migrazioni sono due fenomeni che stanno segnando in maniera sempre più drammatica la vita del nostro Paese.

Il cardinale Matteo Zuppi, nella sua prolusione durante la sessione autunnale del Consiglio permanente della Cei, lo scorso 26 settembre, ricordava che “la povertà in Italia può dirsi ormai un fenomeno strutturale visto che tocca quasi una persona su 10. Inflazione, crescita dei prezzi, caro bollette, lavoro povero sono i nuovi pesi che gravano in misura crescente sulle famiglie già più povere, per le quali occorre proporre politiche concrete che le aiutino a vivere dignitosamente e a far fronte a una precarietà che assume volti diversi”.

Ed a proposito delle migrazioni: “Si tratta di gestire con umanità ed intelligenza un vasto fenomeno epocale. L’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure. Si tratta di esseri umani prima di tutto; si tratta del futuro dell’Italia in crisi demografica; si tratta di coinvolgere la popolazione in un fenomeno che crea scenari nuovi e non semplici. Richiede coraggio politico e responsabilità sociale”.

Sono questioni drammatiche ed aperte su cui sarebbe necessario soffermarsi più a lungo.

Uno strumento fondamentale nella risposta che la Chiesa che è in Italia dà a queste emergenze è rappresentato dai fondi dell’8xmille.

I giornali Fisc hanno raccontato e raccontano migliaia di storie provenienti da tutte le regioni del nostro Paese: storie di sacerdoti, consacrati, laici impegnati ad offrire speranza al prossimo.

Il Servizio per il sostegno economico della CEI rappresenta per noi non solo un compagno di viaggio ma uno degli interlocutori privilegiati per raccontare la quotidianità della Chiesa che è in Italia. In questi quattro anni abbiamo voluto – nelle pagine realizzate in collaborazione con Spse – chiedervi di raccontare proprio le storie dei vostri territori e questo tanto sul cartaceo quanto sul digitale, senza dimenticare le tante iniziative condotte insieme quali le Giornate evento sviluppate nelle singole diocesi ed i Concorsi i cui premiati hanno avuto modo di visitare le opere realizzate grazie al contributo dell’8xmille all’estero. Grazie al direttore Massimo Monzio Compagnoni ed ai suoi collaboratori per un rapporto che è davvero quotidiano di confronto e di crescita reciproca.

Guardiamo con preoccupazione alla diminuzione del gettito dell8xmille immaginando le conseguenze che questo può avere nella vita delle nostre Chiese ma anche per la nostra Federazione. Questa preoccupazione deve tradursi, per noi, in un rinnovato impegno per far conoscere quanto con quei fondi viene fatto nei territori delle nostre Chiese.

ALCUNE PROBLEMATICHE E QUESTIONI APERTE

Trattando delle nuove problematiche che hanno interessato – e interessano – la vita della Federazione, permettetemi un accenno ad una questione che è “scoppiata” in questi ultimi anni. Mi riferisco alla richiesta di cifre anche importanti giunte da Agenzie internazionali che lamentavano un illegale uso di immagini da parte delle nostre testate, specie nelle edizioni on-line. I casi in cui effettivamente il torto ricadeva sui nostri associati hanno rappresentato davvero una percentuale minima ed insignificante delle pretese avanzate: in tutti gli altri casi, abbiamo proposto ai giornali interessati di fare opposizione alle richieste di indennizzo rifiutandosi di versare quanto richiesto da chi non era in grado di dimostrare di detenere legalmente i diritti sulle foto interessate. La strada percorsa si è dimostrata quella vincente portando al ritiro della maggior parte delle richieste da parte dei ricorrenti.

In questo credo sia doveroso davvero un grande “grazie” al prof. Luciano Damato che, con la sua competenza e disponibilità umana e professionale, ha seguito queste ed altre questioni offrendo soluzioni tangibili alle domande che dai soci pervenivano. Un “grazie professionale” esteso anche allo Studio DeStrobel che da tanti anni, ormai, segue la vita amministrativa della Srl facendo dormire sogni tranquilli al presidente ed a tutto il Cda..

Certamente rimangono delle preoccupazioni e delle questioni in sospeso che affidiamo al prossimo Consiglio nazionale.

La prassi dell’accorpamento delle diocesi “in persona episcopi” – che sta interessando sempre più Chiese in tutta Italia – ha inevitabilmente riflessi anche sulle nostre testate: il rischio è che vengano meno le identità delle nostre Chiese e di conseguenza non si tenga conto della storia, anche secolare, dei nostri giornali.

Dobbiamo, poi, riuscire nuovamente ad organizzare momenti di incontro e formazione per tutti gli associati.

L’ultimo Convegno nazionale è stato celebrato nel 2014 a Gorizia. Sono passati 10 anni. Nella vita della nostra Federazione, i Convegni hanno sempre rappresentato un elemento fondamentale di approfondimento su tematiche di attualità ma anche di incontro, confronto e conoscenza reciproca fra gli amministratori, i direttori ed i collaboratori e di scoperta delle ricchezze culturali, sociali, artistiche del nostro Paese. Probabilmente in questo momento non è possibile ritornare ai due appuntamenti annuali a cui eravamo abituati sino al primo decennio di questo secolo ma un Convegno all’anno può divenire davvero una “buona pratica” su cui anche la Federazione può dare il proprio apporto di idee ed il proprio sostegno economico.

Dovremmo aprire un discorso a parte per la raccolta pubblicitaria a livello nazionale.

Visti gli attuali prezzi di mercato per le inserzioni sui quotidiani o sulle testate nazionali, una Campagna su tutte le testate Fisc dovrebbe essere offerta ad un prezzo irrisorio che probabilmente verrebbe, giustamente, rifiutato da molti fra di voi.

Gli inserzionisti che vogliono pianificare questo tipo di Campagne ci chiedono di poter scegliere le testate individuandole spesso sulla base dei loro criteri di penetrazione nel lettore – utente finale, verificando i contatti sui social ed altri dati forniti dagli strumenti di analisi che il web offre.

Gli esperti di marketing ci dicono, però, che noi siamo “pubblicitariamente appetibili” per le buone notizie che pubblichiamo e questa è un’osservazione da non lasciare cadere e a cui rivolgere la nostra attenzione.

Forse è il momento di intensificare – dove non avviene di già – una pianificazione a livello regionale: gli uffici Fisc sono a disposizione per accompagnare la progettazione di tale possibile itinerario.

In molte parti del Paese rimangono irrisolti i cronici ritardi nella consegna da parte di Poste Italiane: non viene riconosciuta ai nostri giornali quella tempistica che la normativa dovrebbe, invece, garantire. Alcune Delegazioni si sono mosse a livello regionale ottenendo anche buoni risultati: purtroppo si tratta di una questione, lo abbiamo imparato da tempo, che più che a livello nazionale si gioca nel locale e dipende molto dalla buona volontà dei singoli dirigenti. Continuate a segnalare le criticità affinchè gli uffici possano offrirne una mappatura nell’interlocuzione con Poste Italiane.

C’è poi un punto che, ve lo confido, mi sta a cuore ed a cui si può mettere mano oggi che possiamo vantare una sede più spaziosa. Mi riferisco alla sistemazione dell’archivio della Federazione: si tratta di una cinquantina di faldoni che conservano la nostra memoria storica ma a cui va data una organizzazione omogenea e sistematica che li renda fruibili ed accessibili anche a quanti vogliono scrivere la storia delle testate locali. Il loro recupero potrebbe davvero portare alla scrittura di una storia ragionata e completa della Federazione dal 1966 ad oggi, attraverso le sue Assemblea, i suoi Convegni,…

Credo di essere andato lungo e mi scuso con voi se ho abusato della vostra pazienza.

RINGRAZIAMENTI FINALI

Mi resta da esplicitare ancora alcuni ringraziamenti.

Innanzitutto all’Esecutivo, al Comitato tecnico ed al Consiglio nazionale per il lavoro svolto in questo quadriennio. Non ce lo nascondiamo: siamo usciti quattro anni fa da un’Assemblea dove in certi momenti si era andati “sopra le righe”.

Il giorno della mia nomina, il 12 gennaio 2020, avevo sottolineato come fosse fondamentale “camminare insieme”.

Mi pare di poter affermare – e spero che i consiglieri siano d’accordo con me – che il Consiglio ha saputo lavorare serenamente e costruttivamente: il Covid ci ha impedito, purtroppo, di svolgere molti incontri in presenza ed ha limitato i lavori delle Commissioni ma siamo riusciti nonostante tutto a vivere quell’amicizia che ha sempre contrassegnato la vita della nostra Federazione. In questo quadriennio ci siamo riuniti 20 volte di cui 2 solo in presenza, 11 solo online e 7 in forma mista.

La Fisc non è solo servizio ma prima di tutto comunità.

Un grazie, allora, ai delegati regionali, vero e proprio anello di congiunzione fra il presidente, l’ufficio di Roma e le testate locali: il loro impegno è fondamentale per quella valorizzazione del territorio che, come abbiamo visto, contraddistingue la storia della nostra Federazione. In alcuni casi l’attività di questi organismi chiede di essere rilanciata: perché non farlo intensificando all’interno delle delegazioni quello stile sinodale la cui validità abbiamo imparato ad apprezzare in questo tempo nelle nostre diocesi?

In queste settimane ho avuto modo di visitare molte delle delegazioni regionali e di entrare in tante redazioni incrociando quelli amministratori, quei grafici, quei giornalisti, quei collaboratori senza i quali le nostre testate non potrebbero raggiungere fedelmente i propri lettori. A tutti loro va il nostro più sincero “grazie” per un impegno che è mosso da passione e responsabilità: non è un caso che le nostre testate, oggi come in passato, siano molto spesso vere e proprie “scuole di giornalismo” in cui si formano i giovani colleghi che poi approdano ad altre responsabilità.

Consentitemi un pensiero alla mia famiglia, a mia moglie Sandra ed a mio figlio Ilya: sono loro ad avere condiviso con me, ogni giorno, la responsabilità cui mi avete chiamato quattro anni fa per un servizio – a tempo determinato – che può essere in certi momenti faticoso ma che mi ha dato veramente tanto a livello professionale ed umano e che mi ha permesso di scoprire luoghi e storie che mai avrei immaginato di incontrare.

Un grazie anche allo staff di Voce Isontina che mi ha dato la sicurezza di potermi dedicare alla Fisc sapendo che il settimanale era in buone mani.

Vi ringrazio di avermi accompagnato in questi quattro anni con quella preghiera che ci permette di abbeverarci alla sorgente da cui sgorga l’acqua viva di cui si dissetano coloro che gettano il proprio secchio nel pozzo di Sichem.

Ha scritto Nazim Hikmet, uno dei più importanti poeti turchi del tempo moderno:

“Il più bello dei mari, è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti.

E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto”.

Grazie.

Mauro Ungaro

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