NEL SUO DNA LA COMUNICAZIONE

Domenica 4 febbraio il Signore ha rivolto a don Giovanni Dan le parole rivolte ai suoi apostoli: “Vieni in disparte e riposati”. La sua è stata una lunga esistenza. Era nato a San Martino di Colle Umberto (Tv) nel 1926. Fu ordinato prete nel 1949. Pur non essendo mai stato parroco, svolse una molteplicità di servizi pastorali sia in diverse parrocchie sia in diocesi. Fu vicario parrocchiale a Codognè, S. Rocco, Sacile, Susegana e Crevada, Lago e Revine, Formeniga, S. Andrea, Cordignano. Fu vicerettore prima al Collegio Toniolo a Conegliano e poi al Collegio Dante a Vittorio Veneto. Fu direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, prodelegato vescovile per l’Azione cattolica e soprattutto direttore dell’Azione (per 25 anni), dell’Ufficio stampa diocesano e di Radio Palazzo Carli fino a pochi anni fa. Negli ultimi anni è stato ospite della casa di riposo Immacolata di Lourdes di Conegliano. Nella liturgia eucaristica di commiato, celebrata nella chiesa di San Martino il pomeriggio del 7 febbraio, il Vescovo ha aperto l’omelia con la citazione tratta da un salmo: “La bocca del giusto medita la sapienza”. «La bocca di don Giovanni ha realmente pronunciato parole di sapienza, parole che sono uscite dalla sua bocca, e – nel suo caso – ancor più dalla sua penna, ma sono frutto di una meditazione, di una assiduità, di una familiarità con Dio che emergeva per così dire spontaneamente senza difficoltà dalle parole che diceva e che, ancor più, scriveva – ha affermato il Vescovo –. Mi sono ripreso in mano uno dei tanti libri che D egli ha scritto, quello più autobiografico “L’abbecedario della memoria”, composto in occasione dei sessant’anni del suo sacerdozio nel 2009. Il libro si apre con un articolo che è tutto un programma di vita ed è intitolato “Essere prete è grande e bello!”». Dove, tra l’altro scriveva: “L’uomo può rinunciare all’amore per una donna solo se un amore più forte lo afferra completamente. Il custode della verginità è l’amore. La castità non è il deserto dei sentimenti, ma l’apertura a Dio e agli altri, ed è per questo un impegno severo ma gioioso. Essere preti, oggi soprattutto, in una società come la nostra è una grossa sfida; e questo deve stimolare i nostri giovani a farsi avanti, con coraggio”. Il Vescovo ha quindi citato un altro testo dello stesso libro, dove don Giovanni «offre il senso a quel lavoro pastorale che ha maggiormente impegnato la sua vita di prete, quello della comunicazione»: “Come cristiano e come prete mi tormenta, da sempre, questa domanda: ‘Ma perché mai se sono sempre meno quelli che vengono in chiesa non inventiamo qualcosa per raggiungere i più?’. Per la verità una qualche risposta ce l’avrei: adoperiamo nella diffusione del vangelo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione e che ci permettono di arrivare in tutte le case, ed oltre. (…) Personalmente sono stato da sempre fermamente convinto che ‘non basta saper fare, occorre anche far sapere’. E con questa convinzione non ho mai perso occasione di usare ogni mezzo per comunicare quanto mi stava a cuore. Anche il mezzo più semplice, come ad esempio appendere una piccola croce allo specchietto dell’auto per far vedere che dentro alla guida c’è un cristiano… Ho gradito quanto una volta un amico prete mi ha detto: ‘Tu hai il senso della comunicazione nel Dna’”. Una vita intensa, quella di don Giovanni, piena di impegni pastorali, ma anche di interessi che hanno spaziato dalla montagna al canto, di cui era appassionato cultore, alle pubblicazioni di tanti Abbecedari, alla Terra Santa. «Eppure – ha concluso il Vescovo – ha conservato un cuore semplice e umile. E tutti possiamo testimoniarlo». Don Giovanni ora riposa nel cimitero di San Martino.

Federico Citron

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