LA COMUNICAZIONE DI FRANCESCO PROVOCA TUTTI AL CAMBIAMENTO

L’incontro promosso il 13 aprile a Roma dal Copercom (“Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo”) è stato un momento di confronto costruttivo per i comunicatori delle ventinove associazioni aderenti al Coordinamento in un tempo di “grandi trasformazioni e concentrazioni mediatiche”. Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha affermato il presidente Domenico Delle Foglie, “ci introduce al cuore delle trasformazioni che ci aspettano”, e in particolare alla “centralità della comunicazione che pone in secondo piano i singoli media che devono invece concorrere, nella propria specificità, alla trasmissione del messaggio”. “Una delle parole più belle” del messaggio di Papa Francesco, ha sottolineato don Ivan Maffeis, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, “è l’invito a custodire le parole degli altri, quello che il Copercom sta tentando di alimentare”. I due relatori, Massimiliano Padula (presidente dell’Aiart, Associazione italiana ascoltatori radio e televisione) e Andrea Tornielli (vaticanista e caposervizio del quotidiano “La Stampa”), hanno approfondito il messaggio papale.
 
Il professor Padula si è soffermato sugli “aspetti istituzionali” del testo, evidenziando che per Papa Francesco “comunicazione equivale a prossimità e misericordia”. “Lo scenario comunicativo contemporaneo – ha osservato – si presenta caotico, turbolento, ibrido. Alcune categorie che sembravano immobili, con la cultura digitale si dinamicizzano”. Tuttavia, ha osservato, “l’uomo che interviene sui media li adopera come proprio riflesso e progetto per qualsiasi istanza o bisogno. L’uomo crea il medium, mentre lo screen di uno smartphone rappresenta un vero e proprio palinsesto dell’esistenza”. Questo “paradigma sociale”, che “vede l’uomo convivere con il medium, proiettare in esso le proprie istanze, gioie, angosce, è definito umanità mediale”. Per questo, ha spiegato Padula, “è necessario che l’uomo mediale sia educato”. “Come ricorda il Papa, il legame tra educazione e comunicazione è strettissimo”. Il presidente dell’Aiart, inoltre, ha citato vari esempi di cattiva educazione mediatica. Occorre, ha aggiunto, “educare ai media e con i media (media education)”, ma soprattutto è necessario “educare ai media, cioè educare noi stessi, educarci integralmente. Questo processo di educazione dell’umanità mediale – ha concluso – si chiama meducazione”.
 
Parlando dei “riflessi professionali” del messaggio papale, il vaticanista Tornielli ha affermato che occorre “lasciarsi ferire dalla realtà, ascoltare ed educare alla complessità. Nel nostro mestiere ci sono due atteggiamenti possibili: lasciarsi toccare, spiazzare e sfidare dal cambiamento, oppure restare alla finestra con lo stesso atteggiamento degli scribi e dei farisei”. Inoltre, guardare al prossimo con rispetto, senza “ergersi a giudici”. Avere “la capacità di ascoltare”, ricordando di “avere sempre davanti un interlocutore da guardare negli occhi”. Tornielli ha aggiunto che “oggi è fondamentale educare alla complessità. Saper comunicare la complessità in un mondo caratterizzato dalla tendenza a semplificare il messaggio è il più grande servizio alla comunicazione, alla fede e alla Chiesa che noi possiamo offrire, perché la realtà ha infinite sfumature”. Ha citato il recente attentato a Lahore, in Pakistan: “Strage non solo di cristiani come è stato detto all’inizio, ma di musulmani e cristiani insieme, dato che le principali vittime di questi attacchi sono i musulmani stessi”. E poi ha avuto parole importanti sul cosiddetto “fuoco amico” che vede come protagonisti gli stessi giornalisti e operatori cattolici della comunicazione. Una situazione che è stata esaminata anche nel corso del successivo dibattito, particolarmente ricco di suggestioni e di proposte.