La riforma della Chiesa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito.
Francesco Zanotti Presidente della Fisc
«Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo». Questa è solo una delle consegne lasciate martedì scorso da papa Francesco alla Chiesa italiana riunita per il V Convegno nazionale di Firenze. Oltre alle cinque vie su cui ci si è confrontati (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare) unaltra è emersa con evidenza: ascoltare. Collego questo verbo a quanto chiesto dal Pontefice. E mi interrogo: quale comunicazione è uscita da Firenze? Come operare nei media della Chiesa italiana? Se un nuovo inizio è chiesto alle comunità presenti nel Paese, analogo rinnovamento viene domandato anche a chi opera nei mezzi della comunicazione sociale. Per questo si deve ripartire dallascolto, non solo un dovere ma un reale desiderio. Stare in mezzo alla gente, accompagnare lo scorrere della vita sia quando attraversa momenti lieti sia quando le vicende portano a dover superare percorsi difficili, a volte impervi. Una Chiesa in uscita prima di tutto si affianca alluomo di oggi. Condivide il pane. È limmagine dei discepoli di Emmaus. Ascoltavano, ma non comprendevano. Ugualmente restavano lì, accanto al Maestro non ancora da loro identificato. Ecco la nostra missione-vocazione, quella a cui ci richiamiamo da sempre, che forse ora va ancora più riscoperta dopo le forti sollecitazioni ricevute da papa Bergoglio. Giornali come piazze, per incontrare chiunque vi transiti. Nella piazza si incrocia ogni tipo di umanità, nessuna esclusa. Come farsi prossimi, allora? Siamo chiamati alla conversione dello stile, a un linguaggio che rifiuti lecclesialese. Il nostro dovrebbe essere un parlare semplice, diretto, non banale, popolare, capace di raggiungere le persone. In grado di fare comprendere la bellezza dellesperienza cristiana. Un messaggio comprensibile a tutti. Siamo chiamati a valorizzare il tanto che già esiste, le mille esperienze locali e nazionali di una Chiesa che da sempre crede nellimportanza decisiva del lavoro nei media. Non per occupare spazi ma per trasmettere la gioia di un incontro, quello che cambia ognuno di noi. Ogni giorno. Per tradurre nel quotidiano tutto questo occorrono genialità e fantasia, doti che di certo non difettano a chi si adopera nei vari mezzi. E poi creatività, consapevolezza, responsabilità, per fare emergere quanto di bello, buono e vero si vive nel Paese. Prossimità, misericordia, tenerezza e speranza sono gli strumenti da inserire nel bagaglio dei giornalisti-compagni di viaggio.
Nel dialogo che ci attende non solo parole ma persone
Francesca Cipolloni, direttore di “Emmaus” di Macerata.
Comunicare un uomo nuovo: questo è il mandato impegnativo che noi giornalisti, «annunciatori fuori dalla Fortezza», secondo la definizione di don Ivan Maffeis, direttore dellUfficio Cei per le Comunicazioni sociali, portiamo nelle diocesi dopo Firenze 2015. Ora, viene legittimamente da chiedersi quale Chiesa “in uscita” poter descrivere e declinare nei cinque verbi del Convegno ecclesiale, per tradurre in quell«umanesimo concreto» citato nella Traccia di preparazione anche il servizio informativo cui siamo chiamati. A partire da oggi. Se dunque lo “stile sinodale” riconduce alla pazienza, allascolto e al dialogo costruttivo, non possiamo ignorare che, nello sfondo in cui galleggiano notizie che amplificano le “ombre” e anche la “tiepidezza spirituale” del nostro tempo, come ha ricordato alla stampa il cardinale Bagnasco, esistono però una “bontà” e un “senso dellaltro” che costellano miriadi di storie delle nostre comunità e che vanno raccontate. Qui si fonda il compito educativo che ci interpella e che ci vede alleati non nell«esibire qualcosa, ma nel comunicare qualc…
«Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo». Questa è solo una delle consegne lasciate martedì scorso da papa Francesco alla Chiesa italiana riunita per il V Convegno nazionale di Firenze. Oltre alle cinque vie su cui ci si è confrontati (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare) unaltra è emersa con evidenza: ascoltare. Collego questo verbo a quanto chiesto dal Pontefice. E mi interrogo: quale comunicazione è uscita da Firenze? Come operare nei media della Chiesa italiana? Se un nuovo inizio è chiesto alle comunità presenti nel Paese, analogo rinnovamento viene domandato anche a chi opera nei mezzi della comunicazione sociale. Per questo si deve ripartire dallascolto, non solo un dovere ma un reale desiderio. Stare in mezzo alla gente, accompagnare lo scorrere della vita sia quando attraversa momenti lieti sia quando le vicende portano a dover superare percorsi difficili, a volte impervi. Una Chiesa in uscita prima di tutto si affianca alluomo di oggi. Condivide il pane. È limmagine dei discepoli di Emmaus. Ascoltavano, ma non comprendevano. Ugualmente restavano lì, accanto al Maestro non ancora da loro identificato. Ecco la nostra missione-vocazione, quella a cui ci richiamiamo da sempre, che forse ora va ancora più riscoperta dopo le forti sollecitazioni ricevute da papa Bergoglio. Giornali come piazze, per incontrare chiunque vi transiti. Nella piazza si incrocia ogni tipo di umanità, nessuna esclusa. Come farsi prossimi, allora? Siamo chiamati alla conversione dello stile, a un linguaggio che rifiuti lecclesialese. Il nostro dovrebbe essere un parlare semplice, diretto, non banale, popolare, capace di raggiungere le persone. In grado di fare comprendere la bellezza dellesperienza cristiana. Un messaggio comprensibile a tutti. Siamo chiamati a valorizzare il tanto che già esiste, le mille esperienze locali e nazionali di una Chiesa che da sempre crede nellimportanza decisiva del lavoro nei media. Non per occupare spazi ma per trasmettere la gioia di un incontro, quello che cambia ognuno di noi. Ogni giorno. Per tradurre nel quotidiano tutto questo occorrono genialità e fantasia, doti che di certo non difettano a chi si adopera nei vari mezzi. E poi creatività, consapevolezza, responsabilità, per fare emergere quanto di bello, buono e vero si vive nel Paese. Prossimità, misericordia, tenerezza e speranza sono gli strumenti da inserire nel bagaglio dei giornalisti-compagni di viaggio.
Nel dialogo che ci attende non solo parole ma persone
Francesca Cipolloni, direttore di “Emmaus” di Macerata.
Comunicare un uomo nuovo: questo è il mandato impegnativo che noi giornalisti, «annunciatori fuori dalla Fortezza», secondo la definizione di don Ivan Maffeis, direttore dellUfficio Cei per le Comunicazioni sociali, portiamo nelle diocesi dopo Firenze 2015. Ora, viene legittimamente da chiedersi quale Chiesa “in uscita” poter descrivere e declinare nei cinque verbi del Convegno ecclesiale, per tradurre in quell«umanesimo concreto» citato nella Traccia di preparazione anche il servizio informativo cui siamo chiamati. A partire da oggi. Se dunque lo “stile sinodale” riconduce alla pazienza, allascolto e al dialogo costruttivo, non possiamo ignorare che, nello sfondo in cui galleggiano notizie che amplificano le “ombre” e anche la “tiepidezza spirituale” del nostro tempo, come ha ricordato alla stampa il cardinale Bagnasco, esistono però una “bontà” e un “senso dellaltro” che costellano miriadi di storie delle nostre comunità e che vanno raccontate. Qui si fonda il compito educativo che ci interpella e che ci vede alleati non nell«esibire qualcosa, ma nel comunicare qualc…