CON NEGLI OCCHI IL DRAMMA DI GARISSA
Nota del Segretario della Cei
Mons. Nunzio Galantino

Ritrovare in mezzo alla barbarie di questi giorni la consapevolezza e l’orgoglio dell’identità cristiana, vuol dire riprendere l’iniziativa e stare al mondo senza rinunciare al proprio contributo di verità, di amore e di bellezza. Proprio questa è la “pretesa” dell’ormai prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015) che intende ripresentare a tutti “il nuovo umanesimo in Gesù Cristo”
 
“Il mondo propone di imporsi a tutti i costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono i germogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi. Questa non è debolezza, ma vera forza! Chi porta dentro di sé la forza di Dio, il suo amore e la sua giustizia, non ha bisogno di usare violenza, ma parla e agisce con la forza della verità, della bellezza e dell’amore” (Messaggio pasquale, 5 aprile 2015). All’indomani della Pasqua le parole di Francesco fotografano la condizione di un mondo che ha assistito attonito alla tragedia del campus universitario di Garissa con il martirio di 148 giovani cristiani. L’appello del Papa non incita allo “scontro di civiltà” e neanche si adegua al mutismo e al linguaggio felpato delle diplomazie internazionali. Chiama per nome le cose senza incitare alla “guerra santa”, magari travestita da inconfessati interessi occidentali. Emerge così quella “differenza” del cristianesimo che è la via migliore di tutte e che probabilmente, a lungo andare, non può lasciare indifferente il nostro mondo, per quanto distratto e annoiato.
Ritrovare in mezzo alla barbarie di questi giorni la consapevolezza e l’orgoglio dell’identità cristiana, vuol dire riprendere l’iniziativa e stare al mondo senza rinunciare al proprio contributo di verità, di amore e di bellezza. Proprio questa è la “pretesa” dell’ormai prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015) che intende ripresentare a tutti “il nuovo umanesimo in Gesù Cristo”. Non sarà una riflessione asettica su questa nostra condizione storica tormentata da nuovi fondamentalismi religiosi e da antichi fenomeni di ingiustizia, ma un’occasione per rileggere insieme l’ora presente e introdurvi “i germogli di un’altra umanità”. La presenza del Papa al Convegno prevista per il 10 novembre, che comincerà la sua intensa giornata da Prato per poi giungere a Firenze, offre la cifra interpretativa più giusta: si vuol guardare “dal basso verso l’alto” la condizione umana di oggi, a partire da una città multiculturale e segnata dalla crisi. Lo sguardo rasoterra non significa abbandonare la pretesa di offrire al mondo il contributo della fede, ma sintonizzarsi adeguatamente sul concreto per poi essere aderenti nella proposta. Proprio l’ascolto del mondo contemporaneo, che rimanda all’atteggiamento né subalterno né aristocratico della Gaudium et Spes, è stata la sensibilità fin qui espressa nella preparazione all’appuntamento fiorentino, grazie alla relativa Traccia.
In essa sono state esemplificate cinque vie che intendono descrivere il percorso che attende la Chiesa italiana per essere dentro la società un elemento di sviluppo e di cambiamento dell’esistente. Dire “vie” evoca subito un approccio concreto ed esigente che non si accontenta di analisi sociologiche e si lascia sfidare dall’offrire soluzioni possibili e a portata di mano. La prima è uscire, cioè decentrare il modo abituale di guardare alla realtà che ci colloca sempre al centro mentre le cose stanno diversamente. Questa via significa imparare a guardare le cose da vicino, senza frapporre i nostri pregiudizi consolidati e lasciandosi misurare dalla realtà che è sempre più stimolante delle nostre idee su di essa. Percorrere questa via vuol dire ritrovare il realismo che non ci consegna ad astratti principi e si lascia stanare dalla…

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