IL DISCORSO DEL PRESIDENTE

Al centro degli editoriali anche il discorso pronunciato, il 22 aprile, dal presidente della Repubblica davanti alle Camere, in occasione del giuramento. “Con il discorso inaugurale del suo secondo mandato – nota Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona) – il rieletto Capo dello Stato si è messo esplicitamente dalla parte del popolo italiano che da anni, a causa anche di tanti errori dei suoi governanti, sta soffrendo difficoltà gravissime, chiedendo al Parlamento di farsi carico serio delle proprie responsabilità”. Il presidente, osserva Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), “ha messo in guardia dalle ‘nuove pulsioni eversive’ e ha avvisato le forze politiche: ‘Non tollererò altre sordità da parte dei partiti’, aggiungendo subito dopo che non ha accolto l’appello rivoltogli sabato scorso ‘per prendere atto dell’ingovernabilità’. È il momento delle intese fra forze diverse, come accade in ogni altro Paese d’Europa, ha sottolineato il Capo dello Stato che più volte si è commosso. ‘Passione, rigore, umiltà’, in tre sole parole è racchiusa la ricetta per una ripresa possibile”. Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), si sofferma sugli “applausi che hanno accompagnato il discorso”: “A più di qualche osservatore sono apparsi ipocriti e fuori luogo. Il nostro auspicio è che fossero invece animati dalla gratitudine e dalla consapevolezza che la scelta di Napolitano è giunta a salvare un sistema politico che aveva ormai entrambi i piedi sul ciglio del precipizio. Ma la loro sincerità potremo valutarla solo dall’atteggiamento dei prossimi mesi”. Per Antonio Ricci, direttore del Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli), “l’impressione che si è avuta è che, più Napolitano calcava la mano, più i politici presenti nell’emiciclo della Camera applaudissero forte per non sentire quello che veniva detto loro”. Secondo Marco Bonatti, direttore della Voce del Popolo (Torino), “dopo il discorso di Napolitano sono i deputati e i senatori che devono dimostrare di aver capito, e non solo di saper battere le mani e battersi, magari ipocritamente, il petto”.

 
 
 
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