L11 febbraio viene celebrata la 21ª Giornata mondiale del malato, sul tema Va e anche tu fa lo stesso: un appuntamento per provare a interpretare la differenza tra il curare e il prendersi cura, alla luce dellicona evangelica del Buon Samaritano, proposta questanno dal Papa, rimarcano i settimanali diocesani. Prendersi cura – si legge su Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia) – è concentrare lattenzione sulla persona attraverso lascolto, laccoglienza, il dialogo; favorire lespressione dei bisogni e delle richieste; tentare di aiutare lindividuo a ricostruire un senso del vivere anche in situazioni drammatiche e dolorose. Corrado Avagnina, direttore dellUnione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano), ricorda che la sofferenza rende tutti uguali, anzi tutti fratelli, tutti sullo stesso cammino, un po barcollanti e un po più sicuri, a seconda, ma impegnati a darsi una mano, a prendersi cura, a sostare al fianco, a preoccuparsi con generosità, sulle orme del Maestro e Signore, Gesù di Nazareth, che si è fatto carico, si è calato nei panni del buon samaritano, ha scardinato gli steccati, ha spazzato via le differenze, ha privilegiato la persona, ha scelto il cuore delluomo e, in particolare, delluomo sofferente. Vincenzo Finocchio, direttore dellAppennino Camerte (Camerino-San Severino Marche), confida che in questi giorni gli è tornato in mente il messaggio di chiusura del Vaticano II rivolto al valore della vita anche nella malattia: Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine. LOra del Salento (Lecce) ospita una nota di Silvio Colonna (Associazione medici cattolici italiani – Lecce), il quale prende spunto dalla diffusione della cosiddetta medicina narrativa per notare che la narrazione e la condivisione dellesperienza-malattia da parte di chi ne è protagonista migliora i percorsi di cura; sottolinea con forza la centralità dellammalato-persona che, lungi dal sentirsi isolato, percepisce di essere al centro del progetto di cura; favorisce le relazioni tra ammalato, famiglia, medici e infermieri, riducendone incomprensioni e conflitti. Su Cammino (Siracusa) don Ivan Ricupero, cappellano dellospedale Umberto I di Siracusa, condivide la testimonianza di Clara, morta qualche settimana fa: Una madre di due bambini, che ha vissuto la quotidianità della sua sofferenza senza mai colpevolizzare nessuno per la sua terribile malattia. (…). È stata lei a preparare i suoi cari al suo incontro definitivo col Padre, vivendo con fede e cercando di lenire le ferite che la sua sofferenza stava procurando anche in loro. (…) Clara ci ha mostrato che è possibile, nonostante il dolore, abbandonarsi con fiducia tra le braccia di Dio nostro salvatore e liberatore per ricevere il sollievo tanto desiderato.