CRISI E SOCIETA’

La crisi e i suoi effetti continuano a tenere banco sulle testate diocesane, interessate da questa situazione per via dei tagli ai contributi pubblici all’editoria. “Se da un lato c’è da lottare perché i contributi governativi continuino in nuove forme nel 2014 – sostiene Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste) – dall’altro c’è da preparare qualche alternativa”. Una è rappresentata dagli “abbonamenti dei fedeli della comunità cattolica diocesana, che devono aumentare se tutti prendiamo coscienza dell’importanza delle idee nella nostra società e se, quindi, pensiamo che il settimanale diocesano è di tutti noi. Sono contributi quelli del governo ma anche e soprattutto quelli degli abbonati”. Bruno Cescon, direttore del Popolo (Concordia-Pordenone), parla di “un momento delicato” per i settimanali diocesani: “Nella crisi economica aumentano i costi ma non le entrate. Questa, tuttavia, non è la vera questione. Il problema sta nella mutata sensibilità della comunità cristiana del Paese, compresa la nostra diocesi. Non si avverte, come quando sono sorti i settimanali all’inizio del secolo scorso, il bisogno urgente di avere una propria voce pubblica nella società (…). Onestamente si dovrebbe scrivere come in passato: cattolici svegliatevi, reagite”. Gente Veneta (Venezia) si occupa, invece, dei tagli previsti per il mondo della sanità, che aggiungono “ulteriori sofferenze” a ospedali e strutture socio-sanitarie d’ispirazione cattolica. “Se si volesse veramente tagliare la spesa, e non solo aumentare le entrate individuando ‘nuove modalità di finanziamento’ – evidenzia il settimanale -, bisognerebbe forse in maniera meno ideologica riconsiderare alla radice cosa sia ‘sanità pubblica’, chi può contribuire a erogarla con soddisfazione degli utenti, chi sa farlo con minor esborso di denaro pubblico”. Per Mario Barbarisi, direttore del Ponte (Avellino), “tagliare gli sprechi nelle istituzioni consentirebbe di recuperare i fondi necessari per una buona sanità”. Gino Mecca, direttore dell’Araldo Abruzzese (Teramo-Atri), si sofferma sul fenomeno dei cosiddetti “Compro Oro” con il loro messaggio: “Portateci il vostro oro e noi vi daremo soldi in contanti”. Per Mecca, “su quel banco (che non è più dei pegni, perché il bene non potrà essere più recuperato) la persona nel bisogno non aliena soltanto qualche grammo (o più) di oro e preziosi, ma anche una parte della sua dignità”. Luce e Vita (Molfetta) riflette su un altro aspetto della crisi che riguarda la “relazione educativa”. Infatti, “non a caso – rileva il giornale pugliese – i vescovi italiani hanno posto la questione educativa al centro degli Orientamenti pastorali per il decennio”. Giuseppe Rabita, direttore di Settegiorni dagli Erei al Golfo (Piazza Armerina), concentra la propria attenzione sulle “feste” e le “tradizioni popolari”, “uno dei settori che maggiormente risente” della situazione attuale. “Probabilmente – annota Rabita – alcune feste meno sentite scompariranno, e questo non sarebbe poi un gran male; per quelle più significative forse si tornerà a una dimensione più rustica, come nei tempi antichi (…). Questo favorirà la collaborazione e l’aggregazione della gente facendoci riscoprire il gusto della semplicità”.

 
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