Venticinque aprile e Primo maggio

La Festa della Liberazione, dice Emmaus (Macerata), “rischia di non essere più una data importante per gli italiani e soprattutto per i nostri giovani, che sempre più vedono questo giorno solo come una scritta rossa sul calendario. Lavorare su storia e memoria è certamente compito difficile, ma al contempo fondamentale affinché la storia non sia considerata solo nostalgia del passato, quanto piuttosto radice per il futuro”. “Celebrare il Primo maggio da cristiani deve richiamare ciascuno di noi al corretto rapporto tra investimento e profitto perché non vi sia mai l’uso scorretto e contro coscienza della propria capacità che può arrivare a facili quanto inutili scorciatoie di profitto passando dallo sfruttamento della mano d’opera”, osserva sulle pagine del Ticino (Pavia) Sergio Contrini, presidente dell’Ucid locale. E a proposito della festa del Primo maggio Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano), nota: “Sul lavoro, oggi, c’è ben poco da festeggiare! La crisi sta mordendo forte, infatti, sul terreno dell’occupazione. La precarietà sta diventando un parametro sempre più diffuso, con tutte le incertezze che si porta dietro per le nuove generazioni sempre in sospeso su un lavoro che non dà molte garanzie per il futuro”. Per la Voce del Popolo (Brescia), in un tempo di crisi come quello attuale la ricorrenza del 1° maggio si è trasformata in un confronto permanente sulla mancanza di lavoro”. “Restiamo convinti che ci sono intelligenza ed energie per superare la crisi, partendo da una maggiore coerenza e sobrietà, a iniziare dai politici fino all’ultimo cittadino”, sostiene Vincenzo Tosello, direttore di Nuova Scintilla (Chioggia), per il quale la soluzione della crisi verrà “dalla volontà comune – che già si percepisce – di rimboccarsi le maniche e di sostenersi reciprocamente, perché il lavoro torni a essere gratificante compito di tutti”. La Voce del Popolo (Torino) pubblica una nota di Nanni Tosco, segretario Cisl Torino, per il quale “è una festa con l’affanno, il prossimo Primo Maggio. La mancanza di lavoro è la conseguenza della mancanza di una sufficiente crescita dell’economia, ormai assente da più di un decennio ed evoluta in recessione. Pesa sulla situazione la scarsità d’investimenti pubblici e privati, di amministrazioni e aziende”. “Mai come in questo momento – osserva Bruno Cescon, direttore del Popolo (Concordia-Pordenone) – il lavoro è diventato il tema centrale della politica, delle imprese, delle forze sociali, della Chiesa stessa e anche della nostra diocesi. Del resto a parlare per primo delle novità che si sarebbero prodotte nel mondo sulla distribuzione del lavoro con la globalizzazione fu Giovanni Paolo II nell’enciclica ‘Laborem exercens’”.
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