Fermate la giostra impazzita del commercio, vogliamo scendere. È lappello di Edoardo Tincani, direttore della Libertà (Reggio Emilia), che evidenzia: Finché siamo in tempo, chiediamo un argine a questa deregulation. Almeno noi cristiani, evitiamo di far spesa nei giorni festivi. Una manovra del genere non può salvare lItalia perché non salva la famiglia, che resta la sua grande spina dorsale. Anzi, la grava ulteriormente, frantumando la settimana e sfilacciando le relazioni. Come se dilatare lo spazio per gli acquisti fosse una cura alla crisi profonda del nostro tempo. E di crisi si occupa pure, anche se sotto unaltra angolatura, Lauro Paoletto, direttore della Voce dei Berici (Vicenza),per il qualeè auspicabile che questa crisi porti seriamente e responsabilmente a interrogarsi sul modello di sviluppo che sta caratterizzando la nostra società in particolare dal secondo dopoguerra. Il clima oramai, da tempo, ci sta dicendo che qualcosa non funziona. Perciò, occorre spingere sullacceleratore di un nuovo modo di pensare leconomia. La green economy non può essere solo uno slogan vuoto, ma deve diventare criterio per amministrare e progettare le nostre città. Anche da queste scelte dipenderà come usciremo dalla crisi e se davvero sapremo dare prospettive di futuro alle giovani generazioni. Ma per avere un futuro occorre puntare anche su altro. Leducazione morale della comunità cristiana punta tutto sulla carità che è il valore che ingloba tutti gli altri. La carità deve coprire tutta lestensione della vita. Anche le relazioni sociali devono essere vissute come impegno di carità, osserva Gianpiero Moret, direttore dellAzione (Vittorio Veneto), per il quale la formazione cristiana deve aiutare ciascun individuo a scoprire ciò che può fare, secondo le capacità e la collocazione sociale, per cambiare ciò che non funziona nelle relazioni e nelle strutture sociali.