CRISI, CATTOLICI E POLITICA

In questo momento, sottolinea La Cittadella (Mantova), “c’è bisogno di un’Europa che sappia essere una ‘potenza mite’ (…), per fare in modo che gli attuali processi di globalizzazione portino con sé elementi di umanità e non solo le regole della giungla. In tale direzione noi cristiani, in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello coinvolti, abbiamo una responsabilità in più. Ed è un ambito che dovrebbe essere annoverato tra quelli irrinunciabili per la nostra fede”. Ai politici cristiani si rivolge Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona): “Non si può essere cattolici in politica se si pensa anzitutto al denaro e molto meno al bene comune. Né se si ha come unico scopo del proprio impegno la garanzia della propria rielezione. Il cristiano in politica serve il bene comune con la sua opera pubblica, ma anche con tutta la vita, che deve essere retta, esemplare e moralmente ineccepibile”. Mario Barbarisi, direttore del Ponte (Avellino), evidenzia che “i Padri costituenti di formazione cattolica conoscevano bene il valore e il senso della solidarietà, grazie al cammino di fede compiuto sin dall’età giovanile, nell’associazionismo cattolico… Un patrimonio di valori unico, che nella politica di oggi è, purtroppo, svanito del tutto ma che è possibile ricostruire”. A tal proposito Lauro Paoletto, direttore della Voce dei Berici (Vicenza), ricorda che “la politica tornerà (si spera alla scadenza naturale della legislatura) a guidare il Paese, ma lo dovrà fare in modo assolutamente credibile, altrimenti i rischi sarebbero davvero gravi. È un impegno innanzitutto dei partiti, chiamati a un cambio culturale radicale”.
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