VESCOVO DI LATAKIA: NEANCHE QUI SIAMO PIÙ AL SICURO. ALTRI CRISTIANI LASCERANNO LA SIRIA

 
VESCOVO DI LATAKIA: NEANCHE QUI SIAMO PIÙ AL SICURO
ALTRI CRISTIANI LASCERANNO LA SIRIA
«Mai in quest’area si erano verificati attacchi simili. Ed ora temo che molti cristiani rifugiatisi qui vorranno lasciare il paese». Così monsignor Antoine Chbeir, vescovo maronita di Lataquia in Siria, commenta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre i recenti attentati compiuti il 23 maggio da Isis in due città della sua diocesi: Tartus e Jableh. Il drammatico bilancio è di oltre 200 morti e più di 650 feriti, in un’area ritenuta tra le più sicure del paese.
«La nostra regione è controllata dal governo ed è stata quasi del tutto risparmiata da questi cinque anni di guerra. Ora che neanche qui si sentono protetti, altri cristiani se ne andranno». Dal 2011 ad oggi sono infatti numerose le famiglie cristiane siriane che hanno deciso di trasferirsi in questa zona costiera per non abbandonare il paese.
«Stiamo cercando di aiutare il più possibile i feriti e i familiari delle vittime, ma le necessità superano le nostre possibilità. La situazione è davvero drammatica». Il presule racconta che nella giornata di lunedì a Jableh 110 persone sono state uccise e 350 sono rimaste ferite a causa di cinque diverse esplosioni. Nello stesso giorno quattro ordigni sono esplosi a Tartus causando più di 100 vittime e 300 feriti.
Gli attentati sono stati rivendicati dallo Stato Islamico. «Sono dei barbari – afferma monsignor Chberi – e ciò che è peggio è che compiono queste atrocità in nome di Dio. È in nome di Dio che stanno uccidendo migliaia di innocenti ovunque».
Oltre ad un probabile aumento dell’esodo di cristiani, a preoccupare il presule è la necessità di dover far fronte ad una nuova emergenza, peraltro aggravata da una drammatica crisi economica. «La lira siriana ha perso il 40 percento del suo valore soltanto nelle ultime due settimane. Il governo non ha i mezzi per fornire cibo e beni di prima necessità agli sfollati e alle altre famiglie che ne hanno bisogno».
Ecco perché monsignor Chbeir si è rivolto nuovamente ad ACS: l’associazione che negli ultimi cinque anni più ha sostenuto la diocesi nell’assistenza ai rifugiati. «Senza di voi non ce l’avremo mai fatta e non potremo continuare la nostra opera. Grazie per esserci sempre accanto».
Roma, 25 maggio 2016
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2015 ha raccolto oltre 123 milioni di euro nei 21 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 6.209 progetti in 148 nazioni. 
 
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