Una Vocazione lunga una vita

“La mia vocazione è nata quando sono nato. Ho vissuto tutto questo tempo per realizzarla. A sette anni ho ricevuto Cresima e Comunione, e lì mi sono innamorato. A otto anni ho chiesto di diventare sacerdote, ma il parroco mi rispose che ero troppo giovane. Allora ho affrontato tutto il resto della mia vita. Ad una certa età, ho avuto la possibilità di lasciare l’azienda che avevo fondato ai miei dipendenti e di partire. Mi sono sentito un po’ come Abramo. Avevo 57 anni quando ho potuto realizzare il mio grande sogno”. Riassume così la sua incredibile e ricchissima storia di vita don Giuseppe Bachetti, nato ad Ascoli Piceno il 31 marzo del 1948 e diventato sacerdote cinque anni fa, all’età di 57 anni. Anni vissuti avventurosamente, tra dolorose vicende familiari, spettacoli circensi, un amore, mestieri diversi lungo tutta l’Italia: un viaggio tra luci e ombre che ha portato Giuseppe Bachetti a diventare “don”, a realizzare cioè il sogno di una vita. “La mia è stata certamente una vocazione non facile – racconta – ho dovuto affrontare molti ostacoli, per prime le vicende di vita della mia famiglia. Provengo da una mentalità, quella degli anni ’50, dove noi (bambini senza padre o orfani di entrambi i genitori, ndr) eravamo figli di nessuno, non avevamo voce in capitolo, le nostre aspirazioni erano bloccate. Fino a diciassette anni avevo il cognome Sanelli, attribuito dallo Stato, nei certificati ero figlio di NN. In un documento più dettagliato si parlava della madre come di una donna che presenta un bimbo, ma non vuole essere citata. La mentalità era questa, ero “il frutto del peccato”, ma allo stesso tempo molto amato sin dalla nascita. Credo davvero che dovessi passare questa esperienza di dolore, ma anche di grande costruttività. Io oggi vivo la gioia dell’essere sacerdote, vivo ciò che sono sempre stato anche se ho vissuto nel mondo della spettacolo, della comunicazione, nel mondo imprenditoriale. Ho avuto la gioia di portare questo pensiero in me, che era una gioia costante ma anche un dolore ogni volta che questo desiderio veniva ostacolato. Don Mario Domizi, il mio primo parroco, è stata la forza motrice della mia vocazione: il suo temperamento, il suo carattere, mi hanno dato la forza di essere fermo in ciò che credevo. Se sono sacerdote, lo devo a lui”. Una vita passata tra un’attività e l’altra prima di diventare sacerdote, perché? “Io guardo al modello di S. Agostino: il mio cuore non riposa finché non trova posto nella dimora di Dio. Io sono nato nella povertà, mia madre faceva la donna di servizio. Allora il mio desiderio, subito dopo quello di essere sacerdote, era di diventare ricco, per togliere mia madre da questa situazione. E lo sono diventato. Sono diventato ricco, ho creato un’azienda di trasporti, ma non ero felice. Ho pensato anche che il Signore non mi volesse. Allora ho voluto avere una relazione con una donna. Una donna straordinariamente bella e dolcissima. Siamo stati insieme un anno, pensavamo di poter progettare una vita insieme. Ma, nuovamente, ero infelice”. È una continua ricerca la vita di don Giuseppe Banchetti. Un atteggiamento che lo porta ad essere marinaio, infermiere militare, quindi circense, prima con mansioni da operaio e poi addirittura presentatore degli spettacoli del Circo Togni, ma anche responsabile delle comunicazioni, in seguito imprenditore. Ma anche in quegli anni di successo professionale il desiderio di diventare sacerdote non lo lascia mai. “La vocazione ha camminato con me sempre, ma non sapevo come poterla realizzare e questo mi faceva pensare che non era quella la mia strada”. Finché l’11 settembre del 2001, don Giuseppe, non ancora “don”, lascia tutto ed entra nel convento dei Frati Cappuccini di Cesena. Un anno dopo, nel marzo del 2002, viene chiamato a Bologna dove serviva un infermiere. “Un mestiere, l’infermiere, che avevo deciso di non fare più – continua don Giuseppe – ma ho accettato il servizio. Lavoravo 20-22 ore al giorno, accudivo 12 frat…

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