TERREMOTO

Un terremoto “tremendo e inaspettato” che “ha prodotto ferite laceranti e profonde”. È la riflessione che accomuna molti editoriali dedicati al terremoto che, il 20 maggio, ha colpito l’Emilia Romagna e alcune province del Nord Italia. Il vescovo di Mantova, mons. Roberto Busti, in un messaggio alla diocesi pubblicato sul settimanale La Cittadella, fa sapere che “i nostri Uffici stanno verificando i danni e offrono alle parrocchie e alle unità pastorali tutto l’aiuto possibile. Poi stenderemo la mano a tutti, senza rossore, perché di tutti abbiamo bisogno. Non ci sarà una ‘primogenitura del dolore’: soffriamo insieme alle comunità sorelle da cui il confine regionale non ci ha mai separato e hanno subito colpi ancora più pesanti”. Massimo Manservigi, direttore della Voce di Ferrara-Comacchio, parla della distruzione tra Ferrara e Bondeno, che ha interessato in particolare le chiese e i centri storici. “Forse – questa la conclusione di Manservigi – crollano le chiese, ma la Chiesa è un’altra cosa, ed è viva, nella gente e nei suoi preti, anche se ora siamo doloranti e smarriti”. Ora, annota Luigi Lamma, direttore di Notizie (Carpi), “c’è da ripartire, riprendere come possibile, anche nella precarietà, la vita delle comunità, pensare alle pietre vive, poi ci sarà il tempo di ricostruire, di pensare alle chiese di pietra. (…) Lunedì scorso, ancora affranti di fronte alla distruzione, leggendo il Vangelo, come ci ha ricordato il vescovo, mons. Francesco Cavina, abbiamo avuto la risposta: ‘Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!’. Allora coraggio, rialziamoci”. Il “primo pensiero”, afferma Stefano Malagoli, direttore di Nostro Tempo (Modena-Nonantola), è “per chi ha perso la vita per colpa di quelle macerie. Ed è un pensiero nella preghiera e di vicinanza a chi soffre a causa di quelle perdite. Poi, subito dopo, la mente corre a chi con il terremoto ha perso casa, beni, certezze e speranza. Ed è un pensiero che, invece, vuole proprio infondere speranza. Quella speranza che si può percepire con la vicinanza, fisica o spirituale, e che diventa comunione forte, se vissuta nel nome di chi si riconosce essere il ‘Signore della vita e della morte’”. Il Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio) pubblica una nota di Claudio Tracanna, direttore di Vola (L’Aquila), che legge quanto successo in questi giorni con il sisma che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009. “Dal giorno del terremoto in poi sembra quanto mai vero un detto attribuito a san Francesco d’Assisi: ‘Non appoggiarti all’uomo: deve morire. Non appoggiarti all’albero: deve seccare. Non appoggiarti al muro: deve crollare. Appoggiati a Dio, a Dio soltanto. Lui rimane sempre’. Con questa consapevolezza si può affrontare, anche con il cuore sereno, il lungo cammino della ricostruzione sociale e materiale che per il prossimo ventennio (speriamo basti!) vedrà impegnati tutti noi aquilani. D’altronde la ricostruzione è un debito che abbiamo nei confronti di chi quella notte, in Abruzzo come in Emilia, ci ha lasciato”.

 
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