TELSKUF: DOPO LA SCONFITTA DI ISIS RESTA L’ORRORE

TELSKUF: DOPO LA SCONFITTA DI ISIS RESTA L’ORRORE
Soltanto macerie. È quanto è rimasto di Telskuf, villaggio iracheno a soli 32 chilometri dall’ormai roccaforte dello Stato Islamico Mosul. Nei giorni scorsi una delegazione di Aiuto alla Chiesa che Soffre ha visitato il piccolo centro, liberato dalle forze peshmerga il 3 maggio scorso.
Telskuf è ormai nel più completo abbandono. Tutti gli abitanti, inclusi gli oltre 12mila cristiani che vi vivevano, hanno lasciato le proprie case nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, quando ISIS ha preso controllo di larga parte della Piana di Ninive. I cristiani si sono rifugiati ad Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, o nella più vicina Alqosh, unica città cristiana risparmiata dalla violenza dei jihadisti in quella che per secoli è stata una valle a larga presenza cristiana.
Le macchine incendiate e i muri trafitti dai proiettili ricordano i combattimenti tra Stato Islamico e forze curde, nei quali hanno perso la vita tre soldati peshmerga, uno statunitense e 50 uomini di al-Baghdadi.
La chiesa cattolica di Telskuf racconta invece i giorni del dominio di Isis. Il luogo di culto è stato completamente distrutto e saccheggiato, mentre la statua della Madonna è stata decapitata: un gesto compiuto più volte e in diverse chiese dai jihadisti, tanto da poter essere considerato la loro firma. A protezione dell’edificio alcuni soldati peshmerga.
Nella vicina Alqosh, la Chiesa impiega tutte le proprie risorse per sostenere le circa 500 famiglie di rifugiati cristiani, e le 1200 famiglie di fedeli che già abitavano nella città. «Tutti si danno da fare, ma anche qui non è rimasto molto – spiega ad ACS il vescovo caldeo di Alqosh, monsignor Mikha Pola Maqdassi – la Chiesa è l’unica a prendersi cura di queste famiglie, fornendo assistenza ma soprattutto infondendo speranza». Un contributo fondamentale, specie per i tanti giovani caduti nello sconforto dopo che la loro vita è stata distrutta.
Anche ad Alqosh, la Chiesa irachena è fortemente supportata da Aiuto alla Chiesa che Soffre, che dall’inizio dell’avanzata dello Stato Islamico nel giugno 2014, ha realizzato interventi in Iraq per oltre 20milioni e 500mila euro. Dopo aver donato scuole e abitazioni prefabbricate, ACS continua a distribuire ogni mese pacchi viveri a 13mila 500 famiglie e a fornire assistenza medica ai rifugiati attraverso il sostegno alla St. Joseph Charity di Erbil. La fondazione ha finanziato anche il Centre for Self in Need, un centro di assistenza psicologica e spirituale per i cristiani rifugiati che sarà presto aperto ad Erbil.
Roma, 8 luglio 2016
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2015 ha raccolto oltre 124 milioni di euro nei 22 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 6.209 progetti in 146 nazioni. 
 
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