TELEVISIONE E CINEMA

Si parla del delitto Scazzi nell’editoriale di Luigi Taliani, direttore di Emmaus (Macerata): “Gli omicidi nel nostro tempo si celebrano ancora soprattutto in televisione e sui giornali. Si ammazzano una madre e un fratello a Novi Ligure, un neonato a Cogne, un’amica a Perugia, ed ora tutto riparte da Avetrana. Sono la televisione e i giornali a scegliere questi delitti, tra le centinaia che accadono ogni anno, rendendoli importanti per tutti. È la televisione che accusa, che fa ipotesi e confronti, che fa vedere le facce, le lacrime, i silenzi. Soprattutto che mostra i conflitti, che assegna i ruoli, insomma mette in scena la storia”. Da cattiva televisione a buon cinema: si occupa del film “Uomini di Dio”, dedicato ai sette monaci trappisti trucidati in Algeria 14 anni fa l’editoriale della Guida (Cuneo). “I monaci di Tibhirine hanno offerto la loro vita nella speranza di un’Algeria rappacificata, di un dialogo costruttivo”. Anche per Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona), a contrastare “la tendenza a trasformare i delitti in spettacolo”, in “una gara vergognosa a chi riusciva a dire di più”, com’è successo con l’omicidio della piccola Sarah, c’è il film sul “martirio dei sette monaci” a Tibhirine. Nella pellicola “la violenza è raccontata senza violenza; il terrore è raccontato nella sua verità, senza trasformarlo in spettacolo, in gusto del sangue. Emergono in pienezza il coraggio dei martiri, il loro amore. Per una volta almeno, l’orrore non diventa talk show, ma fonte di meditazione e di condivisione della sofferenza”.
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