STAMPA CATTOLICA, QUELLA LUNGIMIRANTE INTUIZIONE DI PAOLO VI

Ci son persone a cui siamo debitori di visioni che subito, o magari dopo decenni, si rivelano luminose e ricche di frutti buoni. Una di queste è Paolo VI che il 14 ottobre sarà santo. Non è difficile rintracciare in lui la capacità di coniugare l’ascolto profetico dello Spirito con un intelligente ascolto del mondo in tante iniziative di cui ancora godiamo i benefici.
 
Lo si colse in maniera straordinaria nel modo con cui portò a compimento il Concilio Vaticano II. Ma ci sono intuizioni pastorali su cui s’è innestato il ministero anche dei suoi successori che mantengono grande attualità e sottolineano quel primato dell’annuncio del Vangelo che Montini mirabilmente rilanciò nell’Evangelii nuntiandi (1975). Tra esse spicca la costante preoccupazione educativa verso tutte le generazioni, soprattutto i giovani. Gli oratori ad esempio hanno sempre goduto, anche durante il suo pontificato, del suo incoraggiamento, ma pure il mondo dell’informazione, inquadrato nello sforzo formativo della Chiesa per educare coscienze libere e mature, ha visto in lui un riferimento e un diretto coinvolgimento.
 
Paolo VI sostenne fortemente l’impegno dell’informazione cattolica coi settimanali delle diocesi, come pure è sua la volontà di fondare, nel 1968, il quotidiano Avvenire che ora celebra i 50 anni. Ma quale intuizione resta attuale per noi in questo compito?
 
Nel 1977 il Papa bresciano incontrando la Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc) disse: «La nostra vita si svolge in una grande conversazione che diventa anche frastuono, diventa confusione, diventa una babele di voci. Ma in mezzo a questo frastuono e a questa molteplicità di voci tante volte discordanti una voce c’è che merita. Noi crediamo, che sia ascoltata: quella cattolica. Vedendo voi ci pare proprio di sentire come un coro di voci».
 
C’è qui l’analisi d’un ‘rumore’ comunicativo oggi amplificato dal web, c’è pure il riconoscimento d’una pluralità di ‘voci’ sempre più necessarie per non smarrire la capacità di raccontare le nostre comunità, sia locali che nazionali, c’è infine un’identità ‘cattolica’ che dice riferimento al carattere inclusivo e universale d’un messaggio come quello del Vangelo che oggi, non meno di ieri, provoca i nostri comportamenti, soprattutto le nostre chiusure e le nostre divisioni.
 
Insomma, un mandato e una prospettiva per la nostra stampa senza la quale il cammino della Chiesa sarebbe molto più povero e difficile.
di Adriano Bianchi
Fonte: ANSPI Oratori e circoli (luglio-agosto)
(lunedì 30 luglio 2018)
 
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