SIRIA

“Il grido della pace” lanciato da Papa Francesco è stato condiviso da molti settimanali. “Dov’è Abele, nella guerra civile in Siria?”: è la domanda posta da Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona). In realtà, osserva, “tra le due parti in guerra, Abele non c’è; ci sono invece due Caino che si combattono per avere il dominio sul povero Abele”, che è “il popolo semplice, musulmano o cristiano, che spera soltanto di sopravvivere, di scampare a bombardamenti e vendette incrociate, per potere lavorare e crescere i propri figli in un mondo di pace”. Non solo: “Se l’Occidente entra con le armi nella vicenda siriana, non è che si sconfigga un Caino; anzi, ai due Caino già in azione si aggiungerebbe un terzo Caino. E sarebbe un’ulteriore disgrazia per quel popolo, un’aggiunta di sangue a sangue, di morte a morte”. Per Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì), è necessario “alzare il grido per la pace”: “Lo chiede a gran voce, con convinzione, con decisione, Papa Francesco, che non si rassegna alle logiche delle armi, mai destinate a nulla di buono, anzi… La voce accorata ma ferma del vescovo di Roma non tace né si zittisce, ancorché i potenti della terra facciano fatica ad ascoltarla”. Secondo Vincenzo Tosello, direttore di Nuova Scintilla (Chioggia), “non si tratta solo di evitare l’incursione in Siria, ma di risolvere una crisi che si trascina da anni, con una popolazione stremata, stretta tra il martello del pugno duro di Assad e l’incudine del fanatismo dei ribelli. Si tratta di lavorare insieme e decisamente per la pace, non solo come silenzio delle armi ma come realizzazione della giustizia”. Anche Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-San Severino Marche), ha vissuto “la veglia di preghiera di piazza S. Pietro prima in chiesa con i fratelli cristiani” della sua comunità parrocchiale e “poi virtualmente immerso tra la folla tramite la tv in quei lunghi silenzi”. “Sono talmente numerosi gli stimoli alla riflessione (e alla conversione) che ci vengono da Papa Francesco, che è quasi impossibile riuscire a tenere il passo”, ammette Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), che è rimasto colpito da quanto detto domenica all’Angelus: “Dire no alla violenza in tutte le sue forme, ci ha ricordato, significa anche ‘dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale’”. “Il Papa – osserva Gianpiero Moret, direttore dell’Azione (Vittorio Veneto) – parla mosso non da interessi materiali, ma per affermare l’esigenza del bene di cui la pace è un’alta espressione e per respingere il male della violenza omicida. E l’immenso popolo che ha risposto al suo appello lo ha fatto perché quell’appello ha trovato consenso dentro di sé, nella propria coscienza”. Secondo Giorgio Bardaglio, direttore del Cittadino (Monza e Brianza), “la preghiera di sabato scorso, in un duomo stracolmo, non merita di essere archiviata in poche righe e una fotografia, così come la pace non riguarda soltanto la Siria, bensì comincia a casa nostra”. Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia), ricordando l’anniversario dell’11 settembre, fa notare come “oggi il senso di precarietà degli equilibri internazionali si è riacutizzato con la guerra in Siria e il difficile accordo all’interno del G20. La pace, insieme a quello della giustizia, è stato da sempre il grande problema che ha segnato il corso dell’umanità”.

 
 
 
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