RICCHEZZA E POVERTA’

“L’Onu, impegnatosi per il dimezzamento della miseria nei 48 ‘Paesi meno avanzati’, ha spostato questo obiettivo al 2020. Infatti tutto va a rilento. Il mondo ricco frena se deve abbattere i muri delle disuguaglianze. Quei 950 milioni che stanno nei 48 ‘Paesi non avanzati’ contano i tre quarti – tra loro – che sopravvivono con meno di due dollari al giorno (mentre noi con quella cifra ci prendiamo due caffè al bar). Commercialmente da questi Paesi poveri arriva l’1% delle esportazioni mondiali. Insomma, restiamo un pianeta profondamente diseguale, in un mix di egoismi, disattenzioni e di ingiustizie”, ricorda Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano). Non ci sono disuguaglianze solo tra Paesi ricchi e poveri, ma anche in Italia: “Non è da oggi che in Italia aumentano le differenze tra classi sociali e territori – sottolinea Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova) –. Ma in due anni di recessione il prodotto interno lordo è franato al punto da rendere le sperequazioni ancor più insopportabili. È come dire che una buona parte della nostra torta se l’è mangiata la crisi, cancellando in un colpo solo dieci anni di crescita e lasciandoci più poveri. Ora dobbiamo prenderne atto e domandarci se sia ancora possibile dividere il resto in fette così diseguali o se non sia il momento di riequilibrare i piatti”. Per Massimo Manservigi, direttore della Voce di Ferrara (Ferrara-Comacchio), “occorre una rieducazione alla mondialità dello sguardo, di più, alla sua ‘extra mondialità’. È una cura, una terapia, che mi sentirei di consigliare al mondo della politica nella sua globalità, al mondo della finanza e dell’economia, agli intellettuali e artisti, ma in particolare ai cristiani”.
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