RECENSIONE DEL VESCOVO DEBERNARDI

L’ho letto tutto d’un fiato il libro “Myriam di Nazareth” di Patrizio Righero. L’ho letto e gustato mentre attendevo, seduto su una sedia scricchiolante e dondolante, i risultati delle pratiche circa la richiesta di asilo nel salone della Polizia di Stato di Torino. Lì andavano e venivano donne e uomini, per lo più giovani, che provenivano dall’Africa e dal Medio Oriente. Avevano la pelle scura. Tutti un po’ spaesati. Che cosa passava nella loro mente? Ho tentato di capirlo. E sono quasi sicuro di esservi riuscito. Ma con l’aiuto del cuore. Mi pare di aver colto in essi tutte le sfumature della speranza.
È questa l’operazione che ha fatto l’autore di questo libro leggendo le narrazioni dei Vangeli e tentando, con gli occhi del cuore che vedono più in profondità, di narrarci quello che i Vangeli non ci dicono.
È questo un modo legittimo di comprendere il testo sacro, facendosi aiutare da tutti i nostri sensi; comporre la scena, non in modo arbitrario, ma tenendo conto del contesto storico, geografico e teologico in cui i personaggi si muovono. È la “composizione di luogo”, primo atto della meditazione ignaziana.
In questo modo il racconto rivive, cioè torna a vivere, e i personaggi continuano a parlare con noi, oggi, come hanno fatto nel loro tempo. In questo modo essi diventano nostri contemporanei.
Questa linea è stata seguita anche da don Tonino Bello, quando ha voluto presentare Maria non lontana da noi, confinata nella sommità degli altari e delle nicchie dorate, ma “donna dei nostri giorni”, nostra mamma, quasi fotografata mentre allatta il bambino Gesù, lo aiuta a crescere, lo ricerca a Gerusalemme, vive con lui per trent’anni nella casa di Nazareth, va ancora a cercarlo quando, già adulto, sente dire che le sue parole e i suoi gesti per tanta gente diventano incomprensibili. Così Maria ritorna ed essere la donna di casa, la casalinga, la lavandaia, la donna del villaggio che si fa tutta a tutti e si prende cura di tutti. Penso che parlare di Lei in questo modo piacerebbe anche a chi di Maria non ne parla mai.
Condivido pienamente quanto è scritto nel penultimo quadro a riguardo della morte e risurrezione di Gesù. Accanto alla croce c’era Maria e alcune donne. Queste ultime, nel primo giorno della settimana, corrono al sepolcro per imbalsamare Gesù. Con loro non c’era Maria. Perché? Non lo dicono i Vangeli, ma il cuore ne è certo: lei lo aveva già incontrato.
L’esegesi scientifica è necessaria. Assolutamente. Ma ha bisogno del cuore.
Nella sua semplicità, questo è un libro bellissimo, perché insieme all’intelligenza della fede ti fa sentire il calore di una vita pienamente vissuta e donata nell’amore.
+ Pier Giorgio Debernardi.
 
(6 dicembre 2017)
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