RAPPRESENTANTE ACS IN ECUADOR DOPO IL TERREMOTO: NULLA È RIMASTO IN PIEDI. LA FONDAZIONE PIANIFICA NUOVI AIUTI

RAPPRESENTANTE ACS IN ECUADOR DOPO IL TERREMOTO: NULLA È RIMASTO IN PIEDI
LA FONDAZIONE PIANIFICA NUOVI AIUTI
«Ora più che mai il sostegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre è essenziale per questo paese». Così il responsabile internazionale di ACS per l’America Latina, Marco Mencaglia, al ritorno da un viaggio in Ecuador effettuato per constatare gli ingenti danni provocati dal terremoto del 16 aprile scorso e organizzare ulteriori aiuti.
La fondazione pontificia è intervenuta già nei giorni appena successivi al sisma con un contributo straordinario di 70mila euro. «Il vostro aiuto ci riempito il cuore di gioia – ha detto a Mencaglia l’arcivescovo di Portovejo, monsignor Lorenzo Voltolini Esti – grazie a voi abbiamo potuto comprare acqua, cibo e vestiti alle migliaia di persone rimaste senza una casa».
Il terremoto è stato di 7,8 gradi di magnitudo sulla scala Richter ed è durato appena 50 secondi. Eppure i danni sono stati altissimi. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Caritas nazionale, vi sarebbero oltre 660 vittime, 31 dispersi e 30.223 persone in stato di emergenza. I palazzi danneggiati sono invece 1.125 e le scuole 560.
«Manta, Pedernales, Jama, Portovejo, è difficile stabilire da dove cominciare a ricostruire, perché nulla è rimasto in piedi – afferma Mencaglia – La gente non ha più di che vivere, i loro luoghi di lavoro sono stati tutti distrutti e i bambini non hanno più una scuola dove andare». A Rocafuerte ad esempio, un istituto gestito dalle Suore oblate di San Francesco di Sales è stato chiuso per motivi di sicurezza. Ci vorrà molto tempo prima che i 1500 alunni possano tornare a scuola.
Come spesso accade, la Chiesa rappresenta uno dei pochi punti di riferimento per la popolazione. Nel suo viaggio per pianificare un programma di aiuti, Mencaglia ha incontrato le Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani che nel piccolo villaggio di Canoa sono da sempre una presenza importantissima. La loro chiesa e il loro convento sono stati completamente distrutti: «una perdita gravissima per tutta la popolazione. Più volte mi hanno detto: “se le religiose lasceranno il villaggio, anche Dio ci abbandonerà”».
In tutti i centri colpiti dal sisma, la Chiesa distribuisce equamente gli aiuti tra gli sfollati. A Portovejo la maggior parte di loro si è rifugiata nella tendopoli allestita nella spianata antistante al vecchio aeroporto della città, dove il religioso dehoniano, padre Pedro Jesús Arenal, offre alle famiglie anche un sostegno psicologico e spirituale. «Non hanno soltanto perso i propri cari e la propria casa – afferma il religioso spagnolo – ma anche il lavoro e quindi la dignità. E per i tanti poveri, oggi caduti in miseria, non vi sono molte possibilità di ricostruirsi una vita».
 
Roma, 16 maggio 2016
 
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