PROVOCAZIONE

Scrivo da Bibione. Sono qui alla Stella Maris, casa della diocesi di Treviso, per due giorni con la famiglia. Ero con il direttore della casa e un signore si avvicina dicendo di aver saputo che c’era una persona della vita del popolo. Il direttore sorridendo gli dice che sono io. A questo signore, ottantenne, si illuminano gli occhi. Mi racconta che da sempre legge la Vita del popolo, che è la sua compagnia settimanale. Che legge tutto, gli piace sfogliarlo, gli piace l’odore, dalla prima pagina fino alla fine. Mi parla del giornale come di una persona cara, a cui vuol bene, senza della quale non potrebbe stare senza. Mi dice anche che per paura di perderla non aspetta che gli arrivi il conto corrente postale ma viene a Treviso a pagare l’abbonamento anticipatamente. Certo, ha 80 anni, e il nostro problema sono i giovani che non ci leggono. Ma non leggono neanche gli altri giornali.
Quando si va ai tanti convegni e incontri nazionali si sente solo annunciare la fine del giornale di carta. Che dobbiamo rassegnarci, tutto sarà digitale. Ma è proprio così? Molti giornali di carta, anche diocesani, hanno già chiuso e altri lo stanno per fare. Non voglio parlare di quanti posti di lavoro stanno scomparendo perché il giornale di carta, oltre ai giornalisti e grafici, si porta dietro i tipografi, i trasportatori, gli edicolanti. Certo i giornalisti e grafici servono anche per il web, ma in un rapporto da uno a 10 quando va bene.
Perché le sensazioni di questo signore ottantenne non possono contagiare e contaminare anche le nuove generazioni? Il gusto di sfogliare la carta che ti costringe a sedere a un tavolo. Il telefonino lo guardi in piedi, camminando. Il giornale di carta ti obbliga a fermarti. Mi piacerebbe scovare quel qualcosa che porti la gente più giovane a prendere in mano di nuovo un giornale di carta come la nostra Vita del popolo. È solo utopia?
 
di Sergio Criveller
 
da “La Vita del Popolo” del 12 giugno 2016
(Lettere e interventi pag. 9)
 
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