PERIODICI DIOCESANI, MESSAGGERI DI SPERANZA

Editoria sotto scacco da più parti. Ormai i fronti aperti sono numerosi. Non basta la concorrenza della rete che ha imposto a tutti gli operatori del settore di doversi ripensare nella loro professione. Sono finiti i tempi in cui ci si poteva cullare nei tempi di uscita del giornale cartaceo. Ora il giornalista di uno dei nostri 190 periodici quando esce (se esce) dalla redazione per un servizio porta con sé almeno un cellulare di nuova generazione. E con lo smartphone è in grado subito di lanciare un tweet, postare notizie e foto su Facebook, registrare video e inserire notizie sul sito online del proprio giornale.

Un mondo totalmente nuovo che inquieta, ma al tempo stesso tiene tutti quanti vigilanti, attenti alle novità di un pianeta in costante e frettolosa evoluzione. Tutto questo, occorre ribadirlo, senza dimenticare la nostra caratteristica principale, insita nel nostro Dna: l’attenzione alle persone, sempre e comunque. Dietro alle notizie ci sono sempre uomini e donne con il loro vissuto. Una peculiarità che per noi è uno stile di vita e di lavoro.
Ma torniamo alle difficoltà. Nonostante tutto è ancora il giornale cartaceo che sostiene economicamente l’edizione sul web. Nonostante i tagli alla contribuzione pubblica, nonostante la crisi economica che ha portato a tutti riduzione di introiti pubblicitari, di abbonamenti e di vendite in edicola, la versione tradizionale, pur tra mille inciampi al momento è l’unica in grado di assicurare una certa sopravvivenza economica.
Ora, però, è bene dirlo con chiarezza, i tempi si stanno facendo davvero complicati. Ai drastici tagli al contributo all’editoria, per i periodici non profit diminuito in soli tre anni del 75 per cento, si somma il paventato progetto di Poste Italiane di non effettuare più tutti i giorni la consegna a domicilio. Questa proposta, ora al vaglio dell’Agcom, l’Autorità di garanzia delle comunicazioni, comporterebbe un vero salasso per giornali come i nostri, ma anche per quotidiani come Avvenire, che basano il loro rapporto con i lettori sulla fedeltà dell’abbonamento postale.
Non garantire il servizio universale a tutti i cittadini, discriminando coloro che abitano in comuni con meno di 30.000 abitanti e con una densità inferiore a 200 abitanti per chilometro quadrato (oltre 5.200 comuni su poco più di 8.000 in totale, per un coinvolgimento di 15 milioni di persone in Italia) significa attuare una distinzione inaccettabile. Da parte nostra lo abbiamo ribadito sia davanti all’Agcom sia davanti al Governo.
In ogni caso, lo stiamo dicendo da lungo tempo, non è questo il momento di mollare la presa. La tentazione di un certo “riduzionismo” è molto forte. Qualcuno pensa di rifugiarsi nel proprio recinto e di ridurre il giornale a poco più di un foglio di collegamento ecclesiale. Niente di più sbagliato, a mio avviso, e di antistorico. Anzi, questo è proprio il momento di resistere. I nostri giornali hanno una missione chiara, precisa, inalterata nel tempo: leggere i fatti, tutti i fatti (locali, nazionali e internazionali) alla luce del Vangelo. In altre parole: fornire una lettura di ciò che accade filtrata dall’esperienza cristiana. Vuol dire arrivare anche là dove la parola dei pastori non sempre giunge con facilità. Grazie al giornale si sta in prima linea, nelle periferie tanto invocate da papa Francesco. Grazie al giornale diocesano, spesso molto radicato nel territorio per storia, tradizione e cultura, anche se in maniera variegata dal nord al sud del Paese, si raggiungono persone che altrimenti non sapremmo come incontrare. Con il giornale ci facciamo compagni di viaggio all’uomo di oggi, alla maniera dei discepoli di Emmaus. E come il Buon Samaritano, possiamo chinarci per scaldare i cuori e curare le ferite.
Ecco il nostro identikit, inalterato nel tempo. Usciremo dalla crisi economica e cambieranno anche certe condizioni per il mondo della carta stampata. L’online allarga…

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