PER LORO C’E’ POSTO ANCHE A BETLEMME

Giovedì 19 novembre
Molto presto, all’alba, ci siamo rimessi in moto per giungere primi ai varchi e uscire da Gaza, così da non trovarci bloccati dal flusso quotidiano di lavoratori che, per loro fortuna, oltrepassano il muro. Gli abbracci con abuna Mario sono profondi, dicono più di tante parole, e rimandano a prossime volte… chissà. E dopo gli insistenti controlli da parte israeliana, dubbiosa sulle motivazioni del nostro viaggio, usciamo dalla prigione di Gaza. Sì, una prigione che il mondo tollera. Che Israele vuole, spero non venga attribuita alla volontà di Jahvè…
Destinazione Betlemme. Il viaggio in pulman è alquanto silenzioso e non certo per la stanchezza. A ravvivarci ci pensano i 160 bambini audiolesi del centro Effetà di Betlemme, fondazione voluta da Paolo VI nel suo storico viaggio in Terra Santa, per curare i bambini sordi, tutti di famiglie musulmane (tranne due cristiani), la cui patologia è causata dai matrimoni consanguinei. La straordinaria squadra di sette suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori – 5 italiane di Vicenza – e le insegnanti, guidate dalla inossidabile Suor Piera che è lì da 20 anni, restituisce letteralmente la voce a questi bambini praticando il metodo orale, non quello dei segni. I bambini infatti non sono muti e ce lo assicurano con il canto di benvenuto col quale ci accolgono. La CEI sovvenziona questo centro che istruisce i ragazzi fino alla maturità classica; chi può paga le cure, altri, provenienti dai villaggi vicini, le ricevono gratuitamente. Accanto alle cure e all’istruzione vi è un interessante lavoro di educazione civica, come il programma di differenzazione di rifiuti che stanno conducendo in questo periodo.
Un altro angelo si accosta sul nostro cammino, Vincenzo Bellomo, siciliano sposato in Palestina e lì residente, che segue tutti i progetti della Caritas di Betlemme per conto della Custodia dei Francescani che, appunto, non custodiscono solo le pietre sacre, ma anche le “pietre vive” dei luoghi santi. Ci conduce alla scuola femminile di S.Giuseppe, gestita dalle suore Giuseppine, con quella maschile contano 1000 studenti che arrivano alla maturità classica; poi ci presenta un interessante progetto della CEI finalizzato a formare 20/25 donne palestinesi, così da renderle protagoniste della propria vita che qui, come si intuisce, è subalterna a quella degli uomini. Cultura, lingue, internet e artigianato sono i percorsi formativi, finalizzati alla costituzione di una cooperativa di microbusiness, che produca e commercializzi prodotti artigianali: marmellate, manufatti in cucito, piccoli oggetti di arredo, con un proprio brand da offrire ai turisti, oltre ai più tradizionali manufatti in legno di ulivo. Ci offrono una candela dal profumo dolce, come dolce è il loro sguardo, felice per quello che viene loro permesso di fare.
Ancora in pulmino per dirigerci al Centro diurno della Società Caritatevole Antoniana, istituita da 102 anni, riferimento per i più poveri della città che qui vengono accolti dal momento che l’Autorità palestinese non ha mezzi per aiutarli, niente welfare, niente reddito per chi non può lavorare. L’alternativa è il manicomio nazionale (dove risiedono matti, drogati, alcolizzati…). Solo alcuni aiuti internazionali giungono, ma è soprattutto il servizio che la Chiesa offre, scuola e sanità, a garantire una sufficiente sopravvivenza. Sono accolte 28 donne sole o abbandonate da mariti poligami o in perenne attesa di denaro che i figli emigrati non mandano. Nel centro ha luogo ogni giorno la mensa dei poveri.
Stiamo visitando l’Ostello dei Giovani, un centro finanziato in parte dai fondi dell’8xMille, che consentirà ai giovani pellegrini di venire in Terra Santa con pacchetti low coast, quando ci spaventa lo scoppio di lacrimogeni conseguenti ad un’intifada delle pietre che, come quasi ogni pomeriggio avviene, a ricordarci quanto sia altissima la tensione tra israeliani …

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