Ostaggi dei banditi, ma non li sentiamo nemici

Erano tutti sui vent’anni d’età e originari dell’Est Europa i tre malviventi che, poco prima dell’alba di lunedì 23 marzo, si sono introdotti nella proprietà di Massimo e Carla Azzalin, a Villabona. Mentre uno in giardino faceva da palo e armeggiava sulle auto, gli altri due stavano razziando le poche cose rivendibili che si trovavano al piano terra della villa in cui i due coniugi vivono con sei dei loro otto figli. Sentiti dei rumori, Massimo si è alzato e ha trovato nella stanza accanto i due giovani che rovistavano tra le loro cose. Uno di loro lo ha preso per il bavero del pigiama, chiedendogli il denaro e i preziosi che avevano in casa. Nel frattempo si è alzata anche Carla, avvicinata subito dall’altro uomo che le rivolgeva contro un coltello acuminato raccolto poco prima in cucina. I due coniugi hanno mantenuto la calma, assecondando le richieste dei rapinatori, dissuadendoli dal salire al piano superiore, dove dormivano i figli. Spaventati probabilmente da un campanello interno, attivato per sbaglio mentre cercavano di accendere la luce, i malviventi sono scappati con il poco denaro ricevuto – 500 euro, neanche tutto il contenuto della busta offerta loro dal capofamiglia – computer portatili, cellulari, qualche giaccone. L’auto con cui si sono allontanati, di proprietà della famiglia, è stata ritrovata poco dopo in via Fratelli Bandiera a Marghera.
 
E adesso? Quali sono i sentimenti di una coppia svegliata alle 4.12 del mattino da due malviventi armati di coltello, costretta a consegnare soldi, cellulari, pc, persino giacconi pur di farli andare via il prima possibile, senza che salissero al piano superiore, dove dormivano i sei figli ancora in casa con loro?
A casa Azzalin, due sere dopo, c’è un clima disteso e rilassato. Il telefono non smette di squillare e tutti, amici e parenti, ricevono le loro attenzioni da Massimo e Carla, 57 anni entrambi. Elisabetta, prossima alla laurea, sta riscrivendo il capitolo della tesi rimasto nella chiavetta, sparita insieme al computer portatile, e si fa aiutare da un’amica a ribattere la parte provvidenzialmente stampata. Giovanni fa una sua personale rassegna stampa, commentando i quotidiani che parlano di quanto accaduto all’alba del 23 marzo. Rabbia? Disperazione? No, sentimenti come questi sono rimasti fuori dalla porta di questa villetta in via dei Faggi a Villabona, dove gli Azzalin hanno investito quasi tutto quello che entra in casa, per dare un letto ai loro otto figli, due dei quali nel frattempo si sono sposati.
Una canzone di Mengoni. «Cosa provo? Se devo essere sincera mi turba un po’ sentire per strada parlare con l’accento che avevano i nostri rapinatori… Ma tutto sommato sento che sono serena», racconta Carla Bolognesi. «Non sono angosciata, non penso che non riuscirò più a vivere qui. Ho sperimentato, anzi, che “il Signore è al mio fianco come un prode valoroso”, come si legge nella Bibbia (Ger 20,11): mi difenderà. Chiaro che ho anche un po’ di timore. Ma oggi ho sentito una canzone di Marco Mengoni che diceva: “Credo negli esseri umani”. Sì, ci credo: questa è la canzone che fa per me. Non voglio che quello che è successo mi porti a vedere l’altro come un nemico. C’è un’altra canzone, che ha cantato Nek a Sanremo, che dice “Siamo fatti per amare”. Credo che questa sia proprio la più bella notizia che ho ricevuto nella mia vita: che Dio ci ha fatti per amare».
Compassione per quei ragazzi. Massimo, impiegato al Messaggero di S. Antonio, a Padova, è il responsabile della prima comunità neocatecumenale della parrocchia del S. Cuore, a Mestre. Non si contano le volte che, tenendo delle catechesi per adulti, ha spiegato che la caratteristica del cristiano è di amare i propri nemici. Riesce a dirlo e a farlo anche oggi, dopo l’esperienza passata? «Provo compassione per questi ragazzi. Sono così giovani e sono già su una strada a senso unico, …

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