Osama Bin Laden

È sull’uccisione di Osama Bin Laden l’editoriale di Silvio Grilli, direttore del Cittadino (Genova): “Ognuno dovrà rendere conto a Dio di se stesso, compreso Bin Laden. Le modalità della giustizia umana, così esercitate dagli Stati, dovrebbero però indurre anche in questo caso a qualche interrogativo. E l’esultanza per la morte di un assassino, pur conclamato, dovrebbe lasciare il posto piuttosto alla pietà e alla riflessione. Specie se vogliamo definirci cristiani”. “Morta la bandiera, il simbolo forte e potente, il principe del terrore, il punto di riferimento ideologico non significa che automaticamente il terrorismo di matrice islamica sia stato annientato. Anche perché quanto seminato dal fondamentalista di origine araba avrà certamente attecchito in qualche mente bacata e i frutti non cesseranno di spuntare. Il rischio insomma è che pure da morto Osama continui ad essere un riferimento sostanziale per fanatici e radicali”, osserva Alberto Margoni, direttore di Verona Fedele (Verona). Per Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), “l’uccisione di Bin Laden rientra nelle logiche di un’azione di guerra. Ma non è un atto di giustizia, perlomeno nella misura in cui per giustizia si intende l’impegno dei governanti – specie di quelli insigniti di un discutibile premio Nobel per la pace – a costruire un mondo in cui i diritti di ciascuna persona siano tutelati e promossi. La lotta ad Al Qaeda non è finita lo scorso primo maggio. Contrapporgli le garanzie legali di un processo al suo leader, magari di fronte a un tribunale internazionale, sarebbe stato un atto di coraggio e un segnale fortissimo di discontinuità col passato”. “La morte del grande assassino, che ha provocato per anni terrore, distruzione e delitti, non risolve però i problemi – sottolinea Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona) –. Al Qaeda, pur cambiata molto negli anni, è ancora viva e pericolosa in varie parti del mondo: è possibile quindi pensare che ora cerchi vendette e promuova ritorsioni. Per questo, nel momento in cui gli Usa cantano vittoria, è importante non abbassare la guardia”. Oggi, osserva Davide Maloberti, direttore del Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio), “si teme per il rischio di nuovi attentati. Al Qaeda è di fatto un’organizzazione ‘in franchising’, nella quale le singole cellule possono muoversi autonomamente. La speranza è che più che una reazione violenta da parte dei talebani, alla ricerca di uno scontro frontale con l’Occidente, scatti il meccanismo di un nuovo dialogo per favorire la pace”.
 
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