MONDIALI DI CALCIO

“Il pallone pare in grado di dribblare tutte le ansie, le preoccupazioni, gli affanni… di questo tempo di magra”, osserva Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano), pensando ai mondiali di calcio che “bypassano i bilanci familiari ridotti all’osso e magari anche la precarietà al lavoro, il calo dei consumi, la flessione negli affari, la cinghia tirata oltremisura, le sforbiciate alla scuola, alla sanità, alla cultura, all’assistenza”. “Il calcio – si chiede – è più forte di tutto? Parrebbe di sì. Se anche il Sudafrica, per ospitare il mondiale, non ha badato a spese per dare un’immagine planetaria all’altezza dell’evento. Dovendo però fare i conti con una situazione sociale interna decisamente sull’orlo del collasso, se è vero come pare che il 50% dei sudafricani vive con meno di due dollari al giorno, mentre quattro milioni (e la cifra è in crescita costante) di persone vivacchiano sotto la soglia-limite di povertà, mentre le baraccopoli si moltiplicano a dismisura, mentre due milioni sono i senza tetto… Insomma – conclude – il pallone sarà pure magico, ma non risolve i problemi, magari li maschera o li rinvia”. “Nell’Italia dei sessanta milioni di commissari tecnici, lattanti e ultrasecolari compresi – rimarca Emmaus (Macerata), ci si ritrova uniti e gaudenti sotto il Tricolore quando gli Azzurri prevalgono a livello cosmico. Allora il calcio aggrega, allora lo sventolìo delle bandiere cementa l’unità nazionale. Il che è bello, pure istruttivo. Però, un’unità effimera, di facciata, sottilmente camaleontesca: insomma, all’italiana”.
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