“MAFIA CAPITALE”

“Dalle Alpi agli Appennini pare che la corruzione germogli spontaneamente, come la gramigna, laddove per un motivo o per un altro si concentrano grandi quantità di soldi”. È la denuncia che accomuna la riflessione dei giornali Fisc, dopo lo scandalo di “Mafia Capitale”. “In questi giorni è scoppiata la bolla della ‘Mafia Capitale’, che si è incorniciata nella galleria degli orrori di una corruzione generalizzata e resa forte da un ‘sistema’ consolidato a livello nazionale”, fa notare Elio Bromuri, direttore della Voce (Umbria). “La mafia capitolina ha messo le mani sul Campidoglio; non ha confini la rete di una corruzione che si estende trasversale, dalle camicie nere ai colletti bianchi ed alle cooperative rosse”, sottolinea l’Eco del Chisone (Pinerolo). Ma il problema non è solo di Roma, come osserva Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona): “Lo stile mafioso si è allargato all’infinito; la mafiosità ha invaso ogni regione e molte categorie di persone: malavita, malaffare, mala sanità, mala politica, con l’apporto di ex picchiatori neri ed ex terroristi… e via maleficando. Queste male piante ora non si combattono, ma si alleano, assatanate di soldi e di potere. A danno di tutti coloro che lavorano e sperano in un futuro migliore”. Concorda Adriano Bianchi, direttore della Voce del Popolo (Brescia): “Lo schifo non ha fine. Ciò che sta emergendo dalle indagini romane di ‘mafia capitale’ segnala ancora una volta che il vizio italiano delle bustarelle che non è finito negli anni ‘90 con la chiusura dell’inchiesta ‘Mani pulite’, ma persiste. A volte nascosta, come un fiume carsico, questa piaga riappare, pronta a farci prendere coscienza del nostro essere un Paese inevitabilmente disonesto e malato”. “Le vicende romane legate al grande coacervo di corruzioni indignano più di qualsiasi altra forma di corruzione perché vi è coinvolta una cooperativa. L’indignazione cresce se si considera che la cooperativa è sociale e aumenta se si prende atto che le cooperative sociali a differenza delle altre sono sottoposte alla vigilanza del ministero del Lavoro o della Centrale cooperativa a cui aderisce, tutti gli anni a differenza di tutte le altre che sono sottoposte a verifica ogni due anni”, afferma Marino Cesaroni, direttore di Presenza (Ancona-Osimo). “Quello che sta succedendo a Roma con l’inchiesta Mafia capitale è l’ennesima prova della corruzione dilagante che caratterizza i costumi del bel Paese, recentemente apostrofato come uno dei Paesi europei più corrotti. Lentamente dal pentolone italico sta venendo fuori di tutto, generando una vomitevole reazione verso le istituzioni e chi le governa”, sostiene l’Araldo Abruzzese (Teramo-Atri). Luca Rolandi, direttore della Voce del Popolo e LaVocedelTempo.it (Torino), parla “dell’ennesima ondata di corruzione. Un male atavico, duro a morire, che si ripresenta come l’araba fenice ciclicamente dall’Unità d’Italia ad oggi. Un intreccio perverso che salda i rapporti tra criminalità organizzata, ex esponenti del terrorismo nero, brandelli deviati di istituzioni, e pericolosi personaggi giunti a capo di cooperative. Un quadro a tinte fosche di un paese affranto, privo, in molte sue parti di quell’etica pubblica e dei comportamenti che fa del rispetto e della condivisione uno stile di comportamento civico da troppi ormai considerato un peso”. Per il Ticino (Pavia), “la tempesta che si abbatte su Roma non può non farci aprire gli occhi su una situazione che riguarda tutta l’Italia. Certo non tutti sono corrotti: ma l’atmosfera che si respira è di generale corruzione. Diventa sempre più prevalente nell’animo di tutti una specie di resa alla rassegnazione: corruzione, clientelismo, sfiducia nella giustizia e nella politica, relativismo, populis…

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