Laudadio: il frate dei poveri mi ha salvato la vita

L’evento miracoloso è avvenuto nella Chiesa di S. Francesco del piccolo centro del tirreno cosentino
 
Ha le rughe, Peppino, come lo chiamano tutti in paese. I capelli bianchi raccontano vissuti, come le mani ossute che disegnano ricordi accompagnati dalla voce calma, come un pensiero che viene da lontano. Gon_ o di grazia. Nel cuore porta la gioia per la canonizzazione di Fra Nicola Saggio da Longobardi. Il ‘Minimo dei Minimi’
sale agli onori degli altari anche grazie alla tenacia di quest’uomo di 93 anni che per tutta la vita, non solo in terra di Calabria, ha raccontato il miracolo che Dio aveva compiuto in lui per l’intercessione del Beato Nicola. Si chiama Giuseppe Laudadio, ed è originario di Longobardi: grazie all’intercessione di Frate Nicola, tra maggio-giugno del 1938, tra le 15.30 e le 16, durante i lavori di consolidamento alla chiesa dell’Annunziata, oggi detta di San Francesco. Insieme alla moglie Eugenia, Giuseppe Laudadio si commuove parlando del ‘suo’ Santo, l’oblato Nicola, uno dei più grandi mistici del XVII secolo. “Il beato Nicola – spiega – si meritava già da tempo di essere proclamato Santo. Tutto il lavoro che è stato svolto dal postulatore padre Ottavio Laino, è stato utile. Io ho solo partecipato a questo avvenimento; sarei dovuto morire cadendo da quell’altezza, ma Dio mi ha lasciato perché nel mio piccolo potessi dire quanto è grande il suo amore per noi. Dio ha tanti disegni per ciascuno di noi”.
Cosa è successo quel mattino di tanti anni fa?
Sono caduto dall’altezza di più di 10 metri mentre lavoravo alla facciata della Chiesa di San Francesco di Paola. Il tempo di dare un passo, poi mi sono ritrovato nel vuoto.
Ho invocato il Beato Nicola e mi è sembrato di vederlo mentre precipitavo.
Mi tendeva le braccia, quasi come se mi avesse preso al volo per non farmi schiacciare sulla pietra. L’ho visto, e mi ha salvato la vita. Sono caduto sul cemento ed ero sano. Mi sono subito rialzato con l’intenzione di continuare a lavorare. Ricordo che il capo mastro, Francesco Presta mi disse ‘No, oggi non fai più niente. Ti riposi’. Ricordo di essermi molto preoccupato perché lui aveva un viso pallido tanto che gli chiesi se si sentisse male. Non feci controlli medici, e la mattina dopo stavo sul cantiere. Ci aveva pensato il frate dei poveri a cacciare lontana la morte.
Essere un “miracolato” la fa sentire a disagio o pensa di essere anche lei uno strumento per un disegno di Dio?
Ho sempre detto che il beato Nicola mi ha salvato e sono felice, oggi, di poter condividere questo avvenimento con tutta la Chiesa. Ho speso una vita a ringraziare il
Signore per questo. Io, un semplice muratore, ho sperimentato sulla mia carne che Dio è vicino ai poveri. La santità di fra Nicola è intessuta di lavoro quotidiano,
preghiera, amore fraterno per gli ultimi. In una delle sue mille preghiere quotidiane, S. Nicola diceva: Dio ci tenga sempre le mani sulla testa. Cerco di camminare
nella via del Signore, insieme alla mia famiglia. Le mie ossa sono vecchie, ma ho la lingua per raccontare, e gl occhi non si stancano di cercare ancora… A novembre
compirò 93 anni. Ho visto tante Croci ma anche la luce della Pasqua che ha fatto risorgere pure la speranza della nostra terra. Non so cosa mi chiederà domani il
Dio della Vita. Farò come vorrà Lui. Un giorno Fra Nicola disse la stessa cosa, bussando alla porta del suo convento per servire il Dio degli eserciti e della misericordia. Tutto deve essere fatto con carità. Questa è la casa che non crolla.
Lei ha dettato una lettera alle sue nipoti in cui racconta il suo miracolo…
Una mattina mi è venuto in mente di fare scrivere una lettera a don…

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