LA VERGOGNA DEVE FINIRE

Venticinque giorni di «azzurro vergogna » non sono bastati al signore della Federcalcio e alla sua corte, ai grandi capi dello Sport italiano e ai nostri governanti per dire una parola sensata e risolutiva che ponesse fine alla indecente sponsorizzazione, delle nazionali di calcio da parte di uno dei big di Azzardopoli.
I soldi sono soldi, ha risposto in sostanza e in prima battuta Carlo Tavecchio, dominus della Federazione pallonara, chiudendosi subito dopo nel ‘catenaccio’ di un silenzio tattico, rotto davvero solo un paio di giorni fa per vantare la «legalità » dell’intesa voluta e realizzata con una multinazionale delle scommesse e delle slot machine, che lega pubblicitariamente e – udite udite – sul piano «socio-educativo» il calcio, cioè il gioco più amato dagli italiani nella sua massima espressione, al non-gioco per eccellenza, l’azzardo. Un accordo insensato che collega al cospetto di grandi e piccini una delle più importanti «fabbriche dei sogni», e nonostante tutto di passioni sportive pulite, a una «fabbrica del niente» che produce e diffonde povertà, usura, disagio, illusioni distruttive e dipendenza patologica. Un patto scellerato che, persino oltre le intenzioni dei contraenti, ma certo secondo una logica terribile e che è stata irresponsabilmente incentivata in questi anni, piccona persino l’idea che la conquista di un successo avvenga attraverso impegno personale, collaborazione di squadra, pazienza, merito, lealtà e generosità. Basta un colpo di fortuna, si continua a spotteggiare. E ormai si intima: prendetevi il rischio, ‘vincete’ costi quel che costi. Ma non è vero. La vita non è così, il gioco umano non è così, e neanche il vero sport. E se si riducono a questo è un disastro, per tutti. Anche per chi – imprenditore o ‘prenditore’ privato e gestore di casse pubbliche – per un po’ ci ha lucrato sopra.
Queste cose Tavecchio le sa, e le sanno i suoi consiglieri. Le conoscono bene anche al Coni. E non possono ignorarlo a Palazzo Chigi e nelle altre stanze di governo. Ma se qualcuno tra tutti loro avesse avuto un’amnesia, il nostro lavoro giornalistico di queste settimane, teso a non liquidare con un’acquiescente alzata di spalle l’inopinato «azzardo nazionale», ha fatto da pro-memoria. Utile grazie alle tante voci serie e forti che si sono levate da uomini e donne dello sport nazionale, dalla società civile, da sindaci, amministratori regionali e parlamentari di ogni orientamento (da Sinistra Italiana a Forza Italia, dal Movimento 5 Stelle ad Area Popolare, da Fratelli d’Italia al Partito Democratico). E rafforzato dall’attenzione di altre testate e di colleghi – cito per tutti Gian Antonio Stella del ‘Corriere della sera’ – consapevoli, quanto noi, della ferita aperta dallo sponsor sbagliato e «vietato ai minori» imposto alle nazionali azzurre e, come noi, per nulla rassegnati all’opacità e alla dannosità di certe derive e di operazioni condotte sulla pelle della gente.
Altri addetti ai lavori (in giornali e tv, nei palazzi sportivi, nelle sedi ministeriali e di governo) invece si barcamenano, allineati al primo pensiero articolato imprudentemente (e impudentemente), ma questa non è una novità, dal presidente della Figc: i soldi che arrivano, comunque arrivino e purché siano conditi da qualche parola moraleggiante d’occasione, sono sempre benvenuti. Anche quando sono il coperchio di una diversa – e insostenibile – distruzione di ricchezza materiale e morale. Purtroppo non pochi politici di peso, con ruolo proprio e leve giuste nelle mani, che abbiamo interpellato e incalzato hanno fatto lo stesso. Si sono nascosti, centellinando o negando parole limpide e chiare. Una scommessa, a perdere (come tutte, checché ci raccontino negli spot pubblicitari), sulla distrazione dei cittadini e sull’incostanza del circo mediatico. Ma se la politica non è capace di indicare la buona direzione e di correggere quanto meno le storture più palesi come ci si può meravi…

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