LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA

“Orrore e vergogna”; “Uccisa la speranza”; “Globalizzazione dell’indifferenza”; “Strage nel mare”… Sono alcuni dei titoli dei settimanali che sintetizzano i “sentimenti” provati dopo la strage di migranti al largo di Lampedusa. A fare da sfondo alle varie riflessioni le parole di Papa Francesco: “È una vergogna!”, a cui Cammino (Siracusa) e il Corriere Eusebiano (Vercelli) aggiungono quanto affermato domenica 6 ottobre, dopo la preghiera dell’Angelus: “Lasciamo piangere il nostro cuore”. La Fedeltà (Fossano) auspica che “la voce del Papa che urla ‘Vergogna!’ scrolli l’indifferenza e sappia ridare un nome, un volto, una storia, una dignità a quei sacchi anonimi”. Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia) denuncia l’atteggiamento di “diffidenza” e “paura” verso “chi viene da noi disperato e impoverito. Come se la diffidenza fosse sempre un modo per mostrare superiorità”. Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-San Severino Marche), confida di aver provato in “tutta la vicenda una grande tristezza nel cuore”. Ma come affrontare la questione dei migranti che arrivano sulle nostre coste? Come prevenire simili tragedie? “I nostri governanti, italiani ed europei – risponde Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona) – dovrebbero affrontare la situazione a partire da un altro punto di vista: quello della dignità umana”. La Guida (Cuneo) sottolinea “l’esigenza di distinguere tra ‘legalità formale’ e ‘giustizia sostanziale’, ispirata ai diritti fondamentali e che una nuova legislazione dovrà far prevalere rispetto a un approccio prevalentemente repressivo e poco attento alla complessità del problema”. Sulla Vita del Popolo (Treviso), l’intervento di don Bruno Baratto, direttore dell’Ufficio diocesano per le migrazioni: “Basta, è tempo di silenzio, di azioni coerenti e non più di parole. È tempo che le lacrime giungano al cuore, lo rendano meno arido e indifferente. Solo così non saranno lacrime ipocrite di coccodrilli troppo sazi”. Vita Trentina (Trento) lascia la parola a don Sandro De Pretis, già missionario “fidei donum” a Gibuti e nei campi profughi in Libia, oggi in Papua-Nuova Guinea. “Occorrerebbe istituire un giorno di vergogna – dice il missionario -, non di lutto nazionale. Sarebbe, però, il sigillo ufficiale dopo aver compiuto il massacro, una specie di auto-assolvimento da tutta l’ignoranza e paura che dominano la società italiana nei riguardi dei migranti”. Amanzio Possenti, direttore del Popolo Cattolico (Treviglio), augura che “il cuore dell’umanità, nonostante episodi malvagi, perpetui l’apertura d’amore verso il fratello che soffre”. Dalla Cittadella (Mantova) l’invito ad “allargare lo sguardo oltre i nostri orticelli e riflettere sul fatto che tante sono ancora nel mondo le sacche di disperazione e condizioni di vita inumane”. A proposito della proposta di assegnare il Nobel per la pace a Lampedusa, Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste), spiega che “se ciò avverrà, non sarà solo perché la geografia l’ha messa sulle rotte dei profughi, ma perché è diventata simbolo di un’azione politica comune”.

 
Condividi