La speranza del Belvedere

E’ in corso la raccolta di indumenti invernali, scarpe e coperte per la ventina di ragazzi che hanno trovato rifugio a cascina Belvedere, gestita dalla Fondazione difesa fanciulli. Giovanissimi e per lo più originari della fascia di Stati africani che dall’Eritrea si sviluppa sino al Gambia, i ragazzi hanno richiesto asilo politico e godono di copertura sanitaria totale gratuita. Ad accoglierli tre mesi fa, provvedendo all’amministrazione ordinaria della cascina, il volontario Lorenzo Bruno.
Pensionato originario di Santo Stefano Belbo, Lorenzo è una di quelle persone che alle parole preferisce i fatti e al concetto di accoglienza contrappone quello di integrazione. «Trascorro cinque giornate su sette con questi ragazzi», spiega, «gli sono vicino specialmente ora che non possono ancora lavorare ». Per legge, ai profughi viene rilasciato un permesso come richiedenti asilo politico della durata di sei mesi e senza la possibilità di lavorare. «Durante tale periodo un’apposita commissione esaminerà le richieste e convocherà un’udienza», spiega Alberto Thea della Fondazione del fanciullo, «anche in assenza di tale delibera, sarà rilasciato un nuovo permesso con la possibilità di lavorare».
Nel frattempo, tre mattine alla settimana e con l’obiettivo di sopperire agli ostacoli linguistici, il mediatore culturale Prince si reca in cascina, mentre due insegnanti aiutano i ragazzi, che parlano inglese o francese, a imparare l’italiano. Ventisettenne nigeriano e laureato in pubblica amministrazione, Prince condivide con i ragazzi la terribile esperienza del viaggio. «Nel 2009 è iniziata la fuga dal mio Paese natale, afflitto dalla guerra», racconta il giovane, «oggi sono mediatore culturale e vivo a Torino con mia moglie Sandra, anche lei nigeriana, e la nostra piccola Melody di un anno». Prince non perde il sorriso, nemmeno quando parla del viaggio. «Sono arrivato al porto di Genova come clandestino, nascosto in un container con il terrore di essere scoperto, e se ce l’ho fatta, devo solo ringraziare Dio».
di Alannah Doglio
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