LA CULTURA DEL “NOI” COME ANTIDOTO ALLA “PALUDE FANGOSA”
Nella prolusione del cardinale Angelo Bagnasco la centralità dell’evangelizzare ed educare. Espressa grande fiducia nel popolo.

Dire “una parola di prossimità” alla gente, per far crescere quella “foresta buona e silenziosa” che è la “fede umile e semplice”, in modo che abbia “più voce degli alberi che cadono rumorosi”. È la scelta del cardinale Angelo Bagnasco, che nella prolusione al Consiglio permanente dei vescovi italiani ha usato quel “filo d’oro, forte e duttile insieme, capace di adattarsi senza spezzarsi” che è la gioia del Vangelo per spiegare come i vescovi italiani vogliano “essere compagni di strada”, e non “censori arcigni”, dell’uomo di oggi, credente e non credente. La revisione dello Statuto della Cei, il Sinodo sulla famiglia, il grande appuntamento del 10 maggio per la scuola in piazza S. Pietro con il Papa – a cui sono invitati “tutti coloro che – a prescindere dal proprio credo, sono convinti della posta in gioco per i giovani, le famiglie, la società” – gli argomenti all’attenzione del “parlamentino” della Cei in questi giorni. “Dio c’entra”, ripete la Chiesa al “mondo moderno” con voce “alta e mite”. Punto di forza: la cultura del “noi” che “capovolge” i rapporti – sociali, economici, politici, fra le nazioni – e funziona come antidoto a “una cultura che sembra una bolla di fantasmi, di miti vuoti, di apparenze luccicanti, di bugie promettenti”. È il “noi” che ispira la “cultura dell’incontro e del dialogo, per cui ci si ascolta al fine di comprendersi senza finzioni”. È il “noi” che ci aiuta a contrastare l’immagine dell’Italia come “palude fangosa”, trovando il coraggio di diventare “voce dei senza lavoro” e di superare la tentazione di “omologare tutto e tutti”.
 
Revisione dello Statuto. A distanza di 14 anni dalla sua formulazione, ha esordito il card. Bagnasco, i vescovi italiani riprendono in mano lo Statuto della Cei, “alla luce delle attuali circostanze storiche, nel segno di una crescente partecipazione”, su sollecitazione del Papa e dopo aver raccolto il frutto della riflessione delle sedici Conferenze episcopali regionali. Durante il Consiglio permanente, i vescovi prenderanno in esame il “ricco materiale pervenuto” per un lavoro “attento e proficuo”.
 
“Prossimità” e cultura del “noi”. Sono queste le due parole-chiave della prolusione, in cui tra le proposte c’è anche quella di “ripensare seriamente delle forme organiche di servizio civile, che siano delle tappe di vita e dei tirocini del noi”. Alla base, quella “visione antropologica veramente umanistica per cui – anche per chi non crede – la persona non solo vive di relazioni ma è relazione; i diritti e i doveri restano tali e i desideri restano desideri; alle cose si riconosce la loro specifica natura, e le differenze vengono dichiarate per quello che sono con rispetto e senza smanie di omologazioni forzate o violente”. “Nel nostro Occidente – la denuncia – sembra di assistere ad uno strano paradosso: quanto più si parla di società e di bene comune, di rispetto e di diritti, tanto più si rivela arrogante il disegno oscuro di omologare tutto e tutti”.
 
Educazione “questione chiave”, no a “discriminazione”. Nel nostro Paese, persiste una “grave discriminazione per cui da un lato si riconosce la libertà educativa dei genitori, e dall’altro la si nega nei fatti, costringendoli ad affrontare pesi economici supplementari”. È il grido d’allarme del cardinale Bagnasco, che ha ricordato che la Chiesa “ha nel suo Dna la missione di evangelizzare e di educare”, e che “il compito educativo oggi è una missione chiave”, come dice Papa Francesco. Ogni anno, chiudere delle scuole cattoliche rappresenta “un documentato aggravio sul bilancio dello Stato, un irrimediabile impoverimento della società e della cultura, e viene meno un necessario servizio alle famiglie”. E proprio “per sostenere l’importanza decisiva della scuola tutta, dell’educazione e della libertà educativa”, i vescovi italiani hanno promosso “un evento pubblico” per il 10 maggio…

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