“In carcere ho trovato la mia salvezza”

E’ il ritorno del figliol prodigo. “I miei mi hanno sempre aspettato e mi hanno accolto anche questa volta”. Claudio, quarantenne cesenate, ha una lunga vicenda personale da raccontare. E’ sereno, sorridente. Si vede che ha incontrato qualcuno che gli vuole bene. Viene in redazione un sabato pomeriggio tardi, lontano da occhi indiscreti e accompagnato dal suo “buon samaritano”, Luigi Dall’Ara della San Vincenzo de’ Paoli, “uno che si è fatto più carcere di me”, aggiunge Claudio scherzando. “Senza i volontari non so cosa sarebbe la galera. Per loro può essere tempo perso, quello trascorso dietro le sbarre, con i detenuti. Per noi invece è oro”.
“La pregione è stata la mia salvezza – dice Claudio che spiazza subito chi gli sta davanti ad ascoltarlo prendendo appunti e sgrana gli occhi che si fanno lucidi -. Da solo non ce l’avrai mai fatta. Là, in quella cella in cui sei confinato, con amici che non ti sei scelto, dai importanza a fatti e persone che non avresti mai immaginato. Don Enzo e i volontari aiutano tutti in maniera straordinaria. Nessuno di loro mi ha mai chiesto perché ero finito dentro. Mi hanno accettato per quello che sono”.
L’avventura di Claudio è di quelle dure e risale indietro nel tempo. Occorre andare agli anni Novanta e a un legame con una donna. Lei resta incinta e decide di abortire. Sono giovani. “In quei casi il padre – precisa Claudio con amarezza – non ha voce in capitolo. Io non avrei mai voluto quella scelta. Per me è stato l’inizio della fine. Provavo rancore verso Dio perché a Lui mi ero affidato. Gli avevo chiesto di farmi diventare padre. Dopo l’aborto, non sapevo più che farmene di un dio che non mi era stato vicino in un momento così difficile”.
Dopo la delusione arriva anche la depressione. Cadere nelle sostanze che sembrano aiutare diventa quasi banale. Capita così anche a Claudio. Entra nel giro che si rifornisce a Ravenna. Arriva a cinque grammi di eroina nell’arco di 24 ore. Dieci dosi: una quantità notevole. Non bastano 80-90 euro al giorno. “Una volta che ti sei intossicato, non vedi altro. Metti davanti a tutto la sostanza. Viene prima anche dei tuoi genitori. Hai il pallino. Hai sempre quella voglia lì. Non vedi altri, ma solo quelli di quel giro. A Cesena ci conosciamo tutti”.
“Lo sapevo anche prima che sbagliavo – è un fiume in piena Claudio. Racconta per condividere e mettere sull’avviso i giovani -. Ma quando sei schiavo della droga… Prima si perde la patente, poi si perdono tanti soldi. Alla fine uno non ce la fa più. Dopo 15 anni non ce la fai più, davvero. Per fortuna mi hanno arrestato: è stato un risveglio, doloroso, ma salutare”.
Il fattaccio avviene di primo mattino, alle 6 poco più di un anno fa. Poi la detenzione, a Forlì, catapultato in un’altra dimensione. Il primo pensiero è per l’eroina che non è più disponibile. “E adesso come farò?”, si chiede subito Claudio. Invece, trascorsi i primi giorni, durissimi tra l’astinenza forzata e la convivenza con sconosciuti, il carcere svela un volto inatteso, quello dei volontari.
“Ho frequentato il corso sulla costituzione. Non ci ho capito molto, ma non aver perso neppure una lezione per me è stato importantissimo. Avevo l’epatite C e sono stato curato. A volte è facile persino farsi degli amici. Il carcere toglie la libertà, ma anche le responsabilità. Qualcuno ha paura di uscire. Altri cadono in depressione, come il mio compagno di cella che di depressione e di altro è anche morto. Almeno sono riuscito a convincerlo a confessarsi e a ricevere la Cresima”.
“Anch’io in carcere mi sono confessato. Dopo vent’anni”. Uscito prima per buona condotta, Claudio oggi è seguito dal Sert ed è inserito in un progetto di lavoro con una cooperativa sociale. Sa di poter contare su veri amici, come Luigi Dall’Ara. Dopo questa ulteriore confessione, ne avrà qualcuno in più.
 
di Francesco Zanotti
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