IL DOVERE DELL’ACCOGLIENZA

Quest’anno l’estate non è stata solo un tempo di vacanza e riposo, ma anche di tante morti, denuncia Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona): “Sono quelle degli immigrati nell’immenso cimitero Mediterraneo”, “gli assassinati dall’Isis”, molti dei quali “sono cristiani”, le morti “nelle discoteche, tempio supremo dello sballo, dove tutto è lecito”, “quelle delle vittime del caporalato, nuovi schiavi nelle campagne italiane”. Ma “possiamo fingere che questo non esista? Né la coscienza cristiana, né la vera cultura dell’Occidente da essa plasmata possono tollerare quelle morti. Diogene cercava l’uomo per le strade di Atene. Noi oggi dobbiamo incominciare a cercare l’umanità per le nostre strade”. E di fronte alla necessità dell’accoglienza, osserva Giovanni Tonelli, direttore del Ponte (Rimini), non si può tacere: “La strada è segnata: un forte ritorno al Vangelo e alla sua profezia. Una libertà, alla quale dobbiamo ancora abituarci e sulla quale confrontarci, ma che pone il Bene comune, soprattutto del più piccolo e del più debole, al di sopra di ogni fazione. La parola comunione, fondamento di ogni comunità cristiana, genera e spinge alla fraternità. Forse ce lo siamo dimenticati, ma il termine cattolico significa proprio ‘universale’. La nostra vocazione è alla globalizzazione della fraternità, senza tentennamenti, senza se e senza ma. Le soluzioni devono essere politiche (e la prima è la ricerca della pace), ma se la Chiesa stesse zitta di fronte a ciò che avviene, a questa ecatombe umanitaria, rinnegherebbe Cristo e il Vangelo”. Adriano Bianchi, direttore della Voce del Popolo (Brescia), evidenzia: “Lo stile con cui Brescia (e forse questo è un modello) ha affrontato e può continuare ad affrontare tante emergenze come quella attuale c’è, non è da inventare. È lo stile di una comunità non escludente che chiama sempre tutti a contribuire al bene comune. Ci conviene farlo anche per i profughi? Credo di sì. Un clima ostile al confronto non allontanerà il problema. Un clima più collaborativo lo renderà forse più sostenibile”. Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia) parte dal patrono, San Giuliano, per riflettere sui migranti: “San Giuliano ci racconta invece un’altra realtà: il senso di simpatia per lo straniero può provarlo solo chi ha sperimentato nella sua pelle la condizione di fuggitivo, e di escluso: chi ha osservato, almeno una volta, la città dall’esterno, vivendo da emarginato. Macerata è una città ricca di storia, di culture, di monumenti, di mestieri: esercitiamo l’arte dell’accoglienza, ce lo possiamo permettere”.
 
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