GLI ATTENTATI IN FRANCIA

“Sono bastate poche ore per far piombare nel terrore non solo la capitale francese ma un intero continente e far temere sulle possibilità di dialogo con l’islam”. È un pensiero che accomuna gli editoriali dei giornali in uscita in questi giorni. “Il terrorismo islamico non è problema francese o dei singoli Paesi; è questione del mondo libero: per questo la difesa dalla violenza va fondata sulla collaborazione internazionale tra le polizie e i servizi antiterrorismo, senza mai lasciare cadere la guardia. E senza chiudere gli occhi di fronte a quei Paesi musulmani che finanziano il terrorismo, mentre fanno affari con i Paesi occidentali. L’Occidente deve snidare quei governi dalla doppia politica di amicizia pubblica con il nostro mondo e di sotterraneo sostegno alla violenza”, chiarisce Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona). “La tragedia ha scosso l’Occidente e lo ha ancora una volta smaccatamente posto di fronte ai suoi limiti, non solo di vulnerabilità strutturale, quanto soprattutto culturali e valoriali: la perdita di senso, l’annacquamento dei valori basilari, la dignità umana sperperata, il dominio dell’economia, l’identità giudaico cristiana volutamente sfigurata, la demolizione sistematica di riferimenti ideali validi…”, rileva Luigi Sparapano, direttore di Luce e Vita (Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi). “A guardare i fatti che sono accaduti ultimamente e che continuano in un crescendo impressionante c’è da rabbrividire, ma non si può andare alla cieca. Bisogna che la politica intelligente e responsabile faccia la sua parte esaminando i problemi, affrontando i pericoli e il diffondersi del terrorismo con misure adeguate; bisogna che gli stati della democrazia siano realmente uniti nella volontà di sconfiggere il terrorismo; bisogna che le realtà culturali interessate, come le moschee presenti sul territorio, facciano chiarezza”, rileva Bruno Cappato, direttore della Settimana (Adria-Rovigo). “La tentazione, di fronte a tragedie di tali proporzioni, è quella di chiuderci in noi stessi: nel nostro mondo, nelle nostre case, anche nelle nostre chiese. Un desiderio comprensibile, visto il momento che stiamo vivendo. Ma sarebbe un errore. Mettere in discussione il trattato di Schengen sulla libera circolazione è un inutile esercizio dialettico”, ammette Alessandro Repossi, direttore del Ticino (Pavia). Dopo la strage di Parigi, occorre “separare chiaramente e definitivamente l’islam integralista da quello moderato, con tutti i mezzi possibili. Combattere il primo, senza paura, anche a livello internazionale (con il supporto dell’Onu) per metterlo in un angolo e renderlo innocuo; dialogare e collaborare con il secondo”, suggerisce Giorgio Zucchelli, direttore del Nuovo Torrazzo (Crema). In realtà, fa notare Giovanni Tonelli, direttore del Ponte (Rimini), “un vero musulmano osservante non è un terrorista, né un fondamentalista. Nei 15 anni che i musulmani sono stati ospiti della mia parrocchia, se qualche problema l’abbiamo avuto, non è mai stato con i più credenti, ma con quelli senza più religione”. Concorda l’Avvenire di Calabria (Reggio Calabria-Bova): “Bisogna distinguere non solo tra il tratto libero di una matita e il peso di morte dei proiettili di un kalashnikov, ma anche tra una comunità di credenti musulmani, che nulla ha a che vedere con la violenza, e i terroristi fondamentalisti che, in nome di Allah, uccidono e si fanno uccidere illudendosi di diventare martiri, facendo scorrere il sangue di innocenti”. “Fronteggiare il terrorismo significa voler scongiurare nuove forme di violenza e di manifestazioni terroristiche capaci di nuove stragi e disordini”, afferma Pierluigi Sini, direttore della Voce del Logudoro (Ozieri). Secondo Walte…

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