GIORNALISMO DI PROSSIMITA’:
CARDINAL BASSETTI “PRIMA FORMA DI CARITA’: L’ANNUNCIO COME RACCONTO”

Il testo integrale della “lectio magistralis” tenuta, sabato 21 ottobre, a Pesaro, dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, in occasione del convegno “Giornalismo di prossimità. Gli occhiali giusti per leggere le periferie”, promosso per il rilancio del settimanale interdiocesano “Il Nuovo Amico” (Pesaro-Fano-Urbino). Il cardinale è intervenuto sul tema “Prima forma di carità. L’annuncio come racconto”
(Siciliani-Gennari/SIR)
 
Cari amici, care amiche,
è con gioia che sono qui oggi con voi a salutare questa iniziativa editoriale in cui si rinnova “Il Nuovo amico” di Pesaro. Un rinnovamento che è rigenerazione e che arriva in continuità con una storia che è memoria e non museo. Assistiamo qui a un progetto che da trent’anni riunisce tre Diocesi: Pesaro, Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, Urbino-Urbania- Sant’Angelo in Vado. Una comunione che è condivisione di saperi, di esperienze, di risorse economiche ma soprattutto umane. Un circolo virtuoso alimentato dal dialogo e dal confronto che ha saputo non rinchiudersi in particolarismi locali, ma ha saputo guardare ad una progettualità comune, strumento di comunicazione e di pastorale, che dispiega il significato del servizio alla Chiesa attraverso i mezzi della comunicazione sociale.
Voglio suddividere questa mia breve riflessione in due parti. La prima si soffermerà sull’annuncio come racconto che è una prima forma di carità. La seconda sul ruolo dei settimanali nel territorio locale che sono un esempio concreto di “giornalismo di prossimità”.
La prima forma di carità: l’annuncio come racconto
Iniziamo dall’annuncio come racconto. La Chiesa sta vivendo, senza dubbio, un tempo di “profondo rinnovamento missionario”. Esiste una predicazione che spetta a ciascuno di noi, in quanto battezzati, “come impegno quotidiano”. “È la predicazione informale – scrive Francesco nell’Evangelii Gaudium – che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa”. Questa predicazione può avvenire in modo spontaneo in qualsiasi luogo, in ogni momento della giornata e in qualsiasi periodo dell’esistenza.
Questa predicazione si fonda sostanzialmente in un dialogo interpersonale, anzi, in un serio incontro interpersonale. Un incontro in cui si condividono gioie e speranze, preoccupazioni e inquietudini. Dopo questo confronto, scrive il Papa, “è possibile presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo, ma sempre ricordando l’annuncio fondamentale: l’amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato sé stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia”. Questa forma di annuncio è soprattutto una testimonianza personale che si traduce in un gesto, in una parola e infine in un racconto (EG, 127-129).
Un racconto che non è sempre uguale. Certamente se rimane a livello di testimonianza avrà una forte impronta di spontaneismo. Cosa succede però se si alza il livello del racconto? Cioè se questo racconto si professionalizza e diventa, addirittura, un’impresa come quella dei giornali o dei telegiornali? E infine cosa accade se questo racconto, invece, supera tutte le mediazioni giornalistiche e si fa diretto attraverso l’uso dei social network?
C’è una regola che vale per tutte queste forme di comunicazione: l’annuncio è sempre una forma di carità; è una forma di amore verso il prossimo, che esprime due realtà: in primo luogo, esprime sempre una relazione con l’altro, perché ogni comunicatore parla e si relazione con un pubblico e non rimane mai solo con se stesso; in secondo luogo, comunica un messaggio la cui portata ci sovrasta sempre perché, a ben guardare, nessun comunicatore è il reale e l’unico proprietario del messaggio ma è, fin dei conti, un medium, un mez…

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