FRANCO PERADOTTO, PRETE GIORNALISTA E IL SUO TEMPO.
“UN CUORE GRANDE COSI'”

Don Franco Peradotto (1928-2010), prete dell’arcidiocesi di Torino, gior­nalista, è stato per molti amico e maestro di vita, di fede e di giornalismo. La corposa biografia che il collega Pier Giuseppe Accornero gli dedica lascia intuire già dal titolo l’ampiezza della presentazione non solo di un singolare, prestigioso protagonista della ricca e travagliata vita della Chiesa subalpina nella seconda metà del Novecento, ma anche di tutto un più ampio contesto, civile ed ecclesiale, dell’Italia dell’epoca.
VA. si qualifica per la sua minuziosa, instancabile e puntualissima artico­lazione relativa alle persone, agli eventi e ai problemi esposti, corredata sem­pre da esaurienti contributi cronologici e bibliografici, che rendono questo volume una sorta di compendioso repertorio storico, quasi una mirata enci­clopedia di una realtà ben documentata e consultabile: in sintesi, un archivio felicemente disponibile.
Don Peradotto, canavesano, ordinato presbitero dal card. Fossati nel 1951, ha lavorato incessantemente a servizio di cinque arcivescovi – Maurilio Fos­sati, Michele Pellegrino, Anastasio Ballestrero, Giovanni Saldarini e Severino Poletto -‘ che gli hanno ripetutamente affidato importanti incarichi pastorali, caratterizzati dalla più che decennale direzione del settimanale diocesano La Voce del Popolo. Ma l’operosità di Peradotto scrittore, articolista, commen­tatore, autore di un numero ben reperibile di aggiornate documentazioni, mette a fuoco la sua intima dedizione allo svolgersi concreto della vita eccle­siale e civile, nei suoi risvolti lieti e in quelli drammatici, ai quali egli si è reso costantemente presente.
La sua visione personale e i suoi ideali hanno trovato nel Concilio Vati­cano 11 un fecondo campo di straordinarie dimensioni: oltre al suo puntuale resoconto, per la diocesi, deiftti conciliari, don Franco ha poi girato l’Italia per diffonderne mentalità, messaggi e documenti, conferenziere richiesto e stimato interprete del nuovo slancio a cui tutte le Chiese sono state chiamate.
Coloro che hanno avuto modo di conoscerlo e di collaborare con lui sono unanimi nel ricordarne la schietta, solare capacità di rapporti, l’entusiasmo e l’in­telligente ottimismo delle prospettive, l’instancabile dono di sé, senza timore di eventuali reazioni (e non furono poche). Il mondo laico, culturale e politico di Torino lo ha stimato come un interlocutore valido, accogliente, rigoroso e amico.
È merito di Accornero l’aver squadernato con ricchezza di particolari il testo e il contesto in cui la figura di don Peradotto ha lasciato tracce profonde, che il lettore saprà ricostruire con un’esplorazione giudiziosa. Così si troverà di fronte al nostro Paese e alla nostra Chiesa nel travaglio di tutta un’epoca.
di Eugenio Costa
da “La Civiltà Cattolica” num. 4029 del 5-19 maggio 2018 pag. 307
(mercoledì 23 maggio 2018)
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