Una folla di amici e parenti si è stretta attorno alla donna il 16 gennaio
«Sono innamorata come non mai di questa chiesa e della Chiesa. Questa era ed è la mia chiesa, la mia casa ed è bella»: ha strappato un applauso spontaneo tzia Chischedda Careddu, venerdì 16 gennaio a Nuoro nellantico santuario delle Grazie. Applauso accompagnato dal sorriso bonario del parroco padre Giuseppe Magliani, ben contento di arricchire la sua omelia con le parole di una nonnina che festeggia il secolo di vita ma già conosciuta alle cronache per aver testardamente ottenuto a 99 anni il diploma di scuola media.
Funzione religiosa semplice e affollata, con tanti amici e parenti accorsi per salutare quella donna di Seuna dal cervello ben più giovane delletà anagrafica, tanto da telefonare direttamente a parenti e amici per invitarli alla cerimonia: «Mi ha messo in imbarazzo perché voleva notizie di tutti i componenti della mia famiglia e io, invece, ben più giovane, faticavo a ricambiare la richiesta di informazioni su ogni suo parente stretto», racconta una comare. Fare gli auguri a Francesca Careddu significa soprattutto fare gli auguri a noi stessi e soffermarci sullinterrogativo proposto da padre Magliani nella sua omelia: «Guardando a tzia Chischedda siamo capaci di costruire ancora una storia che vale la pena di vivere?». Madre di sette figli (cinque donne e due maschi), 13 nipoti, quattro pronipoti, la nonnina non ha avuto una vita facile, resa ancora più difficoltosa dallincidente sul lavoro che nel 1953 rese grande invalido suo marito (morto nel 1985), Antonio Murgia, scalpellino ferito da una mina scoppiata nel 1953 nella cava dove lavorava. Forte, determinata come tutte le donne di Barbagia, ha sempre sfidato la vita nel nome della speranza. Come quando a 96 anni si fratturò un femore e, con grande determinazione, seguì puntigliosamente fino a rimettersi in piedi il programma di riabilitazione assegnato dai medici che lavevano operata. Talmente determinata da volere, lo scorso anno, sostenere lesame di licenza media da privatista nella scuola Maccioni per riscattare lamarezza di bambina, provocata dalla decisione del padre di ritirarla da scuola.
Quando Francesca Careddu è venuta al mondo, nel 1915, non erano tempi facili. Padre Giuseppe Magliani, commentando il Salmo 77 («Proclameremo le tue opere Signore»), si è domandato quanto le difficoltà di quel periodo fossero maggiori dellattuale. «La nostra generazione si è chiesto il parroco delle Grazie è ancora capace di raccontare le cose belle? Oggi tocca a noi: saremo in grado di replicare le benedizioni che tzia Chischedda è stata capace di donare alla sua famiglia e al vicinato? La sua generazione ha saputo riconoscere limportante e il fondamentale perché sicuramente, cento anni fa, i problemi erano più grandi di quelli di oggi. Tocca a noi raccontare adesso le cose grandi fatte da Dio, non da solo, ma insieme a queste persone». Guardare, insomma, al presente e al futuro con gli occhi della nonnina: «Dispensare, nonostante le difficoltà quotidiane, gioia, speranza, fiducia. Perché Dio continua a sorriderci, a benedirci e a fidarsi di noi». Concetti rafforzati proprio dal luogo dove Francesca Careddu ha voluto fosse celebrata la Messa per i suoi centanni. A casa mia, ricordando che quando «settantanni fa si iniziò a parlare di costruire il nuovo santuario delle Grazie non eravamo contrari. Non volevamo toccare questa chiesa. Dopo abbiamo capito che andava bene
».
La generazione di tzia Chischedda ha saputo però conservare gelosamente quellantico tempio iniziato a costruire nel 1670. Oggi è la stessa nonnina di Seuna a rattristarsi per gli inconcludenti lavori di restauro. «Uninfinita tela di Penelope», secondo lo stesso padre Giuseppe Magliani che non ha mancato di ricordare che «proclamare le opere del Signore», significa anche completare finalmente il recupero. Magari f…