DIVORZIO BREVE

I settimanali diocesani dedicano attenzione alla questione del “divorzio breve”, che, ironizza Luciano Sedioli, direttore del Momento (Forlì-Bertinoro), presto “sarà una realtà anche in Italia” e “finalmente saremo anche noi un Paese moderno!”. Eppure, “l’unico vero ammortizzatore sociale, che tiene ancora unito il Paese in questa crisi senza fine, è la famiglia. È come se, usando una metafora calcistica, l’allenatore possedesse un fuoriclasse e lo tenesse in panchina!”. Il voto a favore del divorzio breve, si rammarica Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-San Severino Marche), “ha rasentato l’unanimità: su 411 votanti, ben 381 hanno detto sì. I tempi processuali per passare dalla separazione al divorzio sono ridotti da tre anni a sei mesi, massimo un anno. Ciliegina sulla torta: la decorrenza dei tempi non dalla sentenza ma dalla presentazione dell’istanza di separazione”. A questo punto, si chiede, “il legislatore perché continua a parlare di vincolo matrimoniale? Potrebbe succedere in un prossimo avvenire che a maggio ci si sposi perché è il mese delle nozze e a novembre ci sia una tomba in più, in cui è stato seppellito un matrimonio!”. Per Giuseppe Rabita, direttore di Settegiorni dagli Erei al Golfo (Piazza Armerina), “il sempre più ampio fenomeno dei divorzi, delle convivenze finite male, dell’abbandono di una delle due figure genitoriali fa sì che i diritti dei bambini siano totalmente ignorati”. Cammino (Siracusa) parla sempre di famiglia, ma in relazione alla crisi, al calo di natalità e a politiche poco efficaci.
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