«Dare gratuitamente: è lì che vedo Dio»
La nostra chiacchierata si sta concludendo e le chiedo: «Quali sogni hai per il futuro? Su cosa pensi di poter scommettere la tua vita?». La vedo perplessa: «È la domanda più difficile, questa». Poi, però, ferma più che mai, mi risponde: «Avere una famiglia mia… con quattro figli. E vivere serena». Questa è Anna Barzon, 18 anni, agli ultimi mesi di liceo classico al Barbarigo. «Dopo voglio studiare fisioterapia. Certo, non ho una formazione scientifica al top e i corsi universitari hanno pochi posti, ma è quello che voglio». Anna, che è reduce da una settimana di fraternità vissuta con un gruppo di giovanissimi dellup della Guizza, si divide tra famiglia, moroso, amici, studio («lesame di maturità da preparare…»), attività in parrocchia dove è aiuto catechista di quarta elementare e animatrice al grest e allenamenti di basket con un gruppo di ragazzi di seconda e terza elementare. Definisce la sua vita normale: «Anchio torno tardi alla sera… e faccio arrabbiare i miei».
La provoco sul fatto che con le beatitudini, punto di partenza della nostra chiacchierata, Gesù ci consegna un percorso di felicità possibile. «Ci invita scrive papa Francesco nel messaggio per la Gmg 2015 a lanciarci con coraggio nellavventura della ricerca della felicità». «Per me dice ha a che fare con il donare senza voler ricevere nulla in cambio. Questa è la felicità! La percepisco allallenamento di basket, quando basta un sorriso per dare fiducia alla squadra; lho percepita a Lourdes, dove sono stata come volontaria quando avevo 16 anni: servivi un piatto di minestra e, per chi la riceveva, ma anche per te volontaria, in quel gesto cera tutto. È difficile, per una ragazza della mia età, dire: credo in Dio e stop. Certo, vivo situazioni in parrocchia, al camposcuola, al grest in cui posso dire che cè qualcosa di più, qualcosa che mi trasforma. È Dio? Me lo chiedo. Ed è una delle tante domande che accompagnano la mia fede. Sicuramente ci sono persone, esperienze, luoghi che contribuiscono alla mia ricerca di fede. Penso al mio cappellano, ad esempio, che quando non vuoi partire per il campo ti dice: vieni e vedi. Penso alle esperienze in cui sei chiamato a spenderti per la fede dei ragazzi del catechismo. Non è sempre facile, perché al sabato pomeriggio magari avrei voglia di stare con gli amici, andare in centro… Ma sento che essere con loro mi fa bene, così come al grest: è bello fare gli animatori, ma non può essere solo questo il motivo per cui dai la tua disponibilità. Per me cè un secondo aspetto. Sarà Dio?».
Sul vedere Dio, traguardo di felicità per chi ha il cuore disponibile, Anna ci confida questo: «È un vedo-non vedo… più che un vedo certamente. A scuola ci hanno consegnato un testo di Michel Quoist che diceva più o meno così: tu stai davanti a Dio e, come quando stai davanti al sole, ti abbronzi. Senti qualcosa che ti smuove dentro… Certo, per farti abbronzare da Dio devi essere disponibile. Per vederlo, devi disporre il tuo cuore. Io
lo vedo nei momenti di condivisione al gruppo giovanissimi, lo vedo al catechismo, al grest. Potrebbe essere Dio… Vedere è un verbo che non lascia scampo: o vedi o non vedi. Nel vangelo di Pasqua è associato
al verbo credere, che io percepisco come
una risposta al vedere. Una risposta, pur nel dubbio».
Ma quali sono state le esperienze in cui la presenza di Dio è stata così forte da travolgerti, lasciarti senza fiato, farti gioire per la bellezza di un incontro quello con il Risorto che cambia la vita? «Le esperienze di carità. Penso al viaggio a Lourdes, al campo dellestate scorsa alla mensa della Caritas di Roma… Mi hanno cambiato la vita, lì ho detto sì. La mia vita è piena di impegni, ma sono capitate occasioni che mi hanno fatto cambiare prospettiva. Anche la fraternità viss…