Cuoca per vocazione

Giuseppa, per tutti Pina, Casteltermini 1922, a Livorno è arrivata nel ’48 dopo aver sposato Marino, carabiniere di Lari conosciuto in Sicilia “grazie” alla guerra, che, dovendo scegliere tra Pisa e Livorno decise di vivere nella città col mare.
Un amore durato quasi quarant’anni, finito su questa terra nel 1982. Rimasta vedova il dolore di Pina, già nonna di due nipotini, è forte.
Ma il caso vuole che il rettore del seminario appena riaperto di via Numa Campi, Pier Giorgio Paolini, si ritrovasse senza cuoca proprio in quel periodo.
Inutile dirlo, dopo l’amore la Provvidenza è il più grande dono che Dio possa fare. Spesso si nasconde sotto spoglie umane, questa volta in Raffaello Schiavone, amico di famiglia, da poco diventato sacerdote. «Mi chiese se me la sentivo di essere la loro cuoca e furono le mie figlie a insistere, perché poteva essere l’occasione per distrarsi un po’ in quel periodo di tristezza».
Era il settembre del 1984. Tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, sole, acqua o neve, Pina partiva da Borgo San Iacopo per salire verso il colle. «Prima con la mia Fiesta blu, poi con l’autobus da Corso Mazzini. Ma quando il tempo era brutto mi davano un passaggio i seminaristi con la loro Panda».
Un’auto dalla storia particolare: proprio Pina, vincitrice di un concorso al supermercato, l’aveva poi donata ai seminaristi: «In genere erano le suore di Corea a fare la spesa per il seminario, non ricordo perché quella volta andai io. E vinsi!». Loro, per riconoscenza, le comprarono una bicicletta, il mezzo di trasporto che la nonna-cuoca usava in città e che per gli anni successivi consumò tanti chilometri fino al mercato, alla chiesa dei Cappuccini, carica di buste…e di nipoti!
In quegli anni Pina ne ha conosciuti diversi di futuri sacerdoti e ancora oggi, che di anni ne ha 93, ricorda con tanto affetto ognuno di loro. «Mi volevano bene, c’era don Andrea Brutto, don Pio Maioli, don Francesco Fiordaliso, don Italo…e tutti gli altri».
E qualche volta c’era anche Ablondi: «Quando sapevo che sarebbe stato nostro ospite, impastavo gli gnocchi, i topini, come li chiamo io. Lui arrivava, veniva in cucina, mi salutava con un abbraccio e quando li vedeva mi ringraziava perchè gli ricordavano la sua povera mamma». E con tanta riconoscenza ricorda la volta in cui il vescovo volle a tutti i costi servirla a tavola. Perchè Pina mangiava con loro: «Quando arrivai, dissi a don Pier Giorgio che sarei potuta stare da sola in cucina, ma lui aveva già deciso che il mio posto era quello a capotavola, proprio di fronte a lui».
Cucinare è sempre stata la sua passione e stare in mezzo alla gente pure. «Questo forse non si può scrivere -dice- ma quando i ragazzi mi dicevano che un esame era andato bene o c’era qualcosa da festeggiare, io mi mettevo subito a lavoro per preparare un dolce!»
Di loro ricorda la festa il giorno dell’ordinazione, ricorda i loro gusti culinari e per tutti ha un aneddoto particolare. Per esempio quello su don Francesco: era usanza che i seminaristi aiutati dai genitori e da chi volesse dare una mano, facessero la raccolta delle olive degli alberi intorno al seminario. L’olio prodotto («Ho pulito tante di quelle olive per mandarle al frantoio!», dice) veniva portato poi in cattedrale per essere benedetto e diventare olio santo il mercoledi prima di Pasqua. «Gli avevo fatto una bella bottiglia chiusa, ma lui la mise in macchina chissà come…e si Nonna Pina rovesciò! Quanto mi ci è voluto per pulire quei sedili!» Sono uomini… conclude con un sorriso.
Ma Pina non rimpiange nemmeno per un attimo quello che ha fatto in quegli anni. «A stare lì con loro ho scontato qualche peccato -dice ridendo- ma ho vissuto felicemente in quella compagnia, ho sentito il loro affetto». Affetto che non le mancava neanche nei periodi estivi quando diventava la cuoca dei campeggi delle parrocchie dei…

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