CULTURA DELLA VITA, CULTURA DELLA MORTE

Commenta il suicidio del regista Monicelli Sandro Vigani, direttore di Gente Veneta (Venezia): “Sta di fatto che il suicidio non è mai un gesto di coraggio: è un gesto che nasce dalla disperazione più buia. È un gesto che ‘entra’ nella testa e nel cuore dell’uomo, quando la depressione ha raggiunto il limite della sopportazione. È un gesto che chiede comprensione, non giustificazione. Chiede com-passione, non encomi che sono offensivi soprattutto nei confronti di chi l’ha compiuto. Finire la propria vita spiaccicati sull’asfalto di un cortile, senza qualcuno che ti accompagni e ti tenga per mano, che affronti con te il tempo della malattia, che ti chiuda gli occhi quando la vita se ne va… non ha nulla di ‘magnifico’: svilisce, non aumenta la dignità di una persona”. Anche Bruno Cappato, direttore della Settimana (Adria-Rovigo), scrive sul suicidio di Monicelli e le reazioni intorno ad esso: “Colpisce in questo nostro mondo l’apprezzamento per la morte scelta e decisa dall’individuo con la sicurezza di poter decidere della vita. Per decenni si è costruita tutta una cultura che sostiene la vita, a fronte dei disastri immani creati dalle guerre, soprattutto a causa dei conflitti mondiali, e molte opere sono state impostate in modo tale da smascherare una certa logica che esaltava in forma retorica l’eroismo, ma che in realtà raccoglieva innumerevoli giovani, ragazzi da inviare al macello ad opera di ciechi strateghi per difendere mucchi di sassi”. Fa riferimento alla trasmissione di Fazio-Saviano l’editoriale di Emmaus (Macerata), definendo “parziale ed ideologico il messaggio che si vuole trasmettere ad una opinione pubblica che spesso non conosce la differenza tra le varie condizioni morbose in oggetto”.
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