CRISI ECONOMICA E LAVORO

“La crisi colpisce e ancora colpirà”. Ne è convinto Nicola Paparella, direttore dell’Ora del Salento (Lecce), per il quale “le ragioni strutturali della crisi finanziaria non sono state affatto rimosse e gli effetti sociali degli sconvolgimenti del 2009 si incominciano appena a vedere”. La crisi, aggiunge Paparella, “sta complicando ulteriormente una condizione di grave ingiustizia sociale già presente nel Paese” e “abbiamo già capito che a fare i sacrifici saranno pur sempre quelli che sono abituati a farli; per gli altri sarebbe troppo penoso e forse persino insopportabile”. Il settimanale cita, ad esempio, coloro che sono affetti da invalidità, per i quali la manovra economica prevede “una riduzione della spesa in materia”. Anche se, il 6 luglio, si è avuto un ripensamento del Governo, che ha riportato al 74% la soglia d’invalidità, mentre rimane ferma la posizione sull’accompagnamento. La votazione in aula sarà il 14 luglio. “Una società che va a raccattare qualche spicciolo, mortificando alla rinfusa i disabili, si qualifica da sé – commenta Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano) –. È un brutto segnale… Abbiamo sempre immaginato che nel concetto fondamentale di ‘bene comune’ stesse una premura prioritaria per i soggetti più deboli. Invece dobbiamo raccogliere altre conclusioni, mentre si è alle prese con la crisi da fronteggiare”. “Che i sacrifici siano caricati sulle spalle di chi ha già tanti pesi dolorosi umanamente da portare per l’handicap e la disabilità”, per Avagnina, è “insopportabile”. “Il vero declino di una società moderna – rileva Notizie (Carpi) – si misura proprio da quanto governi, imprese e sindacati si ritrovano impotenti, dopo aver investito ogni energia nella produzione di ricchezze, risorse, beni e servizi, nel passaggio fondamentale rappresentato dalla distribuzione di quanto conquistato in un sistema orientato all’equità e al benessere collettivo”. Il direttore di Gente Veneta (Venezia), Sandro Vigani, riflette invece a partire dalla vicenda di due giovani che “decidono di sposarsi in chiesa” nonostante la crisi: “Lui in cassa integrazione a 800 euro al mese, lei senza stipendio da quattro mesi”. Una “scelta controcorrente” dalla quale Vigani ricava l’esigenza, come Chiesa, di “offrire ai giovani che accompagniamo al matrimonio cristiano una testimonianza più coerente con il messaggio evangelico, aiutandoli a cercare una maggiore semplicità in tutto quello che sta attorno alla sua celebrazione”. E conclude: “Ben vengano i matrimoni semplici, con gli amici più vicini, senza servizi fotografici da migliaia di euro, senza banchetti troppo costosi, senza chiese che per l’occasione somigliano a serre di fiori: sono un ritorno all’essenziale”.
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