CRISI E SOCIETA’

La crisi e i suoi effetti continuano a tenere banco sulle testate diocesane. “La crisi – scrive Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano) – reclamerà sempre più il fattore-volontariato, per non seminare vittime alla rinfusa, strada facendo. Su queste frontiere i cristiani hanno una ragione ulteriore per uscire da se stessi e dai propri tornaconti, spezzando il meccanismo impietoso del tutto… monetizzabile: c’è infatti un Maestro e Signore da seguire, sulla via di un consumarsi per l’altro a fondo… perduto. Perché il senso della vita sta, da cristiani, nella fraternità che salva e non nelle cose che appesantiscono”. Amanzio Possenti, direttore del Popolo Cattolico (Treviglio), denuncia “l’uso troppo frequente degli alibi pro domo propria” che finiscono “per inaridire la pianta della vera solidarietà; la sensibilità anziché svilupparsi potrebbe via via prendere strade non accettabili”. Secondo Adolfo Putignano, direttore dell’Ora del Salento (Lecce), “senza inutili scoramenti o ingiuste illusioni, è importante verificare ogni giorno le scelte fondamentali della vita civile, progettando una società capace di riconoscere concretamente dignità a tutti e a ciascuno e superare le ammalianti tentazioni di chiusure nel proprio ‘particulare’. Dall’attuale crisi si possono aprire nuovi itinerari di ‘rinnovato umanesimo’”. Anche perché, ribadisce Luciano Sedioli, direttore del Momento (Forlì-Bertinoro), “al mercato stiamo sacrificando tanto, troppo, e la contropartita non si vede”. Il Ticino (Pavia), in una nota di Arturo Colombo, docente emerito dell’Università di Pavia, individua negli “Stati Uniti d’Europa” la via per “uscire dalla crisi”: “Prima sapremo raggiungere l’obiettivo di un autentico federalismo nel nome degli Stati Uniti d’Europa, e prima riusciremo a mettere l’alt all’odierna crisi”. Davide Maloberti, direttore del Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio), s’interroga su “dove trovare l’energia per ripartire”. E riflette: “I nostri avi ci hanno insegnato ad alzare lo sguardo. Per loro non significava aspettarsi semplicemente la manna dal Cielo, ma tirarsi su le maniche perché Dio era con loro. Perché anche noi non possiamo dire la stessa cosa?”. Lauro Paoletto, direttore della Voce dei Berici (Vicenza), è convinto che “l’Italia uscirà dalla crisi più solida di prima, capace di pensare un nuovo futuro, se saprà fare tesoro di questa crisi strutturale che dura oramai da più di quattro anni per fare fino in fondo i conti con le responsabilità e omissioni accumulate”. Per Giampiero Moret, direttore dell’Azione (Vittorio Veneto), “l’idea di una collaborazione, libera e spontanea, dei cittadini per far fronte alle difficoltà comuni è un’idea sana. È la vera via d’uscita dalle difficoltà, ma presuppone una forte cultura di solidarietà civile che nel nostro caso è piuttosto scarsa. (…) La nostra fragilità di fronte al terremoto economico e finanziario dipende anche dallo scarso senso civico, che è il senso del bene comune”. Di “bene comune” parla anche Emmaus (Macerata), commentando il primo Rapporto Censis sulla cooperazione in Italia, dal quale emerge che “il settore della cooperazione sociale ha registrato, negli anni 2007-2011, un vero e proprio ‘boom’, con una crescita del numero dei lavoratori del 17,3%”. La cooperazione, spiega il settimanale marchigiano, “è una forma che riesce a coniugare efficacemente reciprocità e impegno civile. Può rendere cioè possibile un’ordinata sinergia tra la dimensione comunitaria dell’essere umano e del lavoro – il valore della mutualità – e il contributo alla crescita del bene comune”. A proposito di cooperazione sul Nuovo Diario Messaggero (Imola), G…

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